Riflessione al vangelo della XXXI Domenica del T. O. Anno B

Nella pagina del Vangelo di Marco il comando dell’amore a Dio come unico Signore viene accostato a quello dell’amore al prossimo come se stessi. Il contesto è quello di un dialogo tra Gesù e un maestro della legge. Durante l’ultima settimana della sua attività a Gerusalemme uno scriba si accosta a Gesù e gli domanda: “Qual’è il primo di tutti i comandamenti?”.

Gesù allo scriba risponde con la citazione dello shemà dal libro del Deuteronomio, ponendolo sotto la qualifica di “primo comandamento”: “Il primo è: “Ascolta, Israele: il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il vero amore ricompone l’unione tra intelligenza, volontà e cuore. Armonizzando e unificando nell’amore l’intelligenza, la volontà e il cuore, l’uomo ridiventa immagine di Dio uno e trino, trino ed uno, e ridiventa sé stesso. Solo l’amore, dunque, realizza l’uomo vero! Non è possibile amare Dio solo con l’intelligenza o solo con la volontà e solo col cuore. Ma nella risposta di Gesù c’è una novità ed è l’accostamento di questo principio fondamentale dell’Alleanza al comandamento relativo all’amore del prossimo. Egli presenta questo come il secondo comandamento e cita il libro del Levitico: “E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Dunque, Gesù vuol far intendere che se il vero amore ha come tre sorgenti – intelletto, volontà e cuore – che però sono come un’unica sorgente, tale amore ha anche tre dimensioni, in quanto si dirige verso sé stesso, verso Dio e verso il prossimo, considerate però come realtà distinte ma non separate, come vedremo subito. Si parla di amore verticale (verso Dio) e orizzontale (verso l’uomo e le cose). Non è possibile escludere nessuno di questi elementi, senza distruggere l’amore, così come non si può togliere un lato a un triangolo senza abolire il triangolo stesso. L’amore è “tridimensionale” o non è amore. Chi ama solo se stesso è egoista e insoddisfatto. Chi non ama sé stesso non è capace di amare nessun altro. Chi ama solo Dio si illude soltanto di amarlo. Dice San Giovanni: “Come puoi dire di amare Dio che non vedi, se non ami il prossimo che vedi?” Forse è possibile amare sé stessi e il prossimo escludendo Dio? Non è vero amore, poiché l’amore tende ad essere eterno ed infinito: dimensioni che solo Dio può garantire!

Il punto di partenza è il concetto di Dio-Amore. E tale è solo il Dio del vangelo, il Dio di Gesù! Il vero amore considera i suoi tre obiettivi o “oggetti” – se stessi, Dio, gli altri – come realtà distinte ma non separabili, nel senso che chi ama davvero Dio ama sé stesso e gli altri nell’unico atto di amore, e ama gli altri per Dio, e ama sé stesso per Dio e per gli altri.

Lo scriba approva quanto Gesù ha detto e riprende e ribadisce il suo insegnamento: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di Lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come sé stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. L’ultima frase dell’interlocutore di Gesù pone l’accento sulla preminenza del duplice comando dell’amore rispetto al culto del tempio. Questa interpretazione della legge corrisponde a quella dei profeti biblici, i quali, senza contestare la legittimità del culto del tempio, proclamano il primato della fedeltà a Dio da tradursi in un rapporto di amore solidale verso il prossimo. La posizione dello scriba non può non trovare la piena approvazione da parte di Gesù. La sentenza con la quale egli chiude il dialogo con il maestro della legge riassume tutto il suo insegnamento: “Non sei lontano dal Regno di Dio”. Gesù che ha iniziato la sua missione proclamando che il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino, elogia lo scriba saggio di Gerusalemme con le parole che sono anche un implicito invito a varcare la soglia per entrare nel Regno di Dio.

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