Riflessione sul Vangelo della II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Riconoscere in Gesù «il Figlio di Dio» non è atto di fede che nasce da noi, ma un dono dello Spirito Santo. Lo dice chiaramente il brano del vangelo di questa seconda domenica del Tempo Ordinario: «ho visto lo Spirito scendere come colomba dal cielo e posarsi su di lui». Prima il Battista non lo conosceva, ma Dio gli ha aperto gli occhi, ha fatto riconoscere la sua presenza, gli ha concesso non solo di ascoltare la sua parola, ma di «vedere».

Giovanni battezzava nelle acque del fiume Giordano. Il suo era un battesimo di penitenza, che aveva la funzione di preparare gli uomini alla venuta del Messia.

Giovanni riconobbe di essere stato mandato a battezzare a questo unico scopo: «affinché Lui – Gesù – fosse manifestato a Israele».

Giovanni non conosceva Gesù, pur essendo suo parente secondo la carne.

Colui che lo aveva inviato a battezzare gli diede un segno per ricono­scerlo: «Quello sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito, egli è colui che battezza nello Spirito Santo».

Già queste parole – che non sappiamo quando gli erano state dette – gli fecero intuire la sublime grandezza del Messia.

Infatti, prima ancora di battezzare Gesù e di vedere il segno conve­nuto – la colomba – egli già diceva alla gente: «In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo» (Gv 1,26s).

E. sempre prima di vedere quel segno, nel momento in cui Gesù si presenta a lui per farsi battezzare, Giovanni lo riconosce; da che cosa?

Giovanni aveva «il senso di Cristo», un senso che lo faceva esultare di gioia appena Gesù si avvicinava.

Cosi avvenne quando egli era nel grembo di Elisabetta e Gesù nel grembo di Maria. Vibrava all’ascolto della voce di Gesù o persino della santissima Madre.

Giovanni non conosceva Gesù, ma lo Spirito Santo, che ha il compito di introdurre la Chiesa alla verità tutta intera sul Cristo, bastò che apparisse sotto forma di colomba a Giovanni, per immergerlo tutto intero nella verità del Cristo.

«Giovanni rese testimonianza dicendo: “Io ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio’’».

Ed è in quel momento che Cristo manifestò Sé stesso come vero Figlio di Dio e come unico Re­dentore dell’uomo. Ma nessuno poteva accettare questa «buona notizia» se non era predisposto dalla grazia. Ecco perché – prima di iniziare la sua vita pubblica e cominciare a manifestarsi con la parola e i miracoli – Gesù volle prepararsi la strada attraverso Giovanni e il suo battesimo di penitenza.

Tra coloro che umilmente si sottoposero a tale battesimo, Gesù si sceglierà i primi apostoli, i primi discepoli e i primi cristiani.

Quando Gesù lasciò il mondo e tornò al Padre, inviò lo Spirito Santo sui suoi discepoli perché fossero «testi­moni» dl Lui sulla terra e perpetuassero la memoria e la vita di grazia nei secoli. «Quando verrà il consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio» (Gv 15,26-27).

La «visione» dello Spirito vuole dire una profonda esperienza di fede che fa entrare un po’ più a fondo nel mistero di Dio, spinge alla testimo­nianza. L’evangelista Giovanni insiste sulla fede come esperienza, donata dallo Spirito, che coinvolge tutta la persona e spinge a rendere testimonianza. «Ho visto e ho reso testimonianza» dice il Battista.

L’esperienza e la testimonianza di Giovanni Battista sono il paradigma e il modello dell’esperienza credente. Il discepolo di Cristo è colui che accoglie sempre nuovamente l’invito a seguire «colui che toglie il peccato del mondo». È colui che vive dentro di sé l’esperienza della liberazione dal peccato e si fa buona notizia con una vita «liberata» per i fratelli. Solo dall’incontro sempre più autentico con colui che è il depositario dello Spirito Santo, può nascere una vita veramente apostolica capace di gridare al mondo il dono della riconciliazione e della pace, il dono di un nuovo esodo dalla dispersione e inimicizia all’esperienza della fraternità universale. Come famiglia di Dio, generata dall’Agnello pasquale, vittima innocente e sacrificio gradito al Padre per la nostra salvezza, siamo i beneficiari di un amore incom­mensurabile e onnipotente, in grado di trasfigurare il nostro cuore e renderlo immagine di colui che si è fatto servo per renderci santi.

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