Riflessione sul Vangelo della Trasfigurazione del Signore

La Chiesa contempla Gesù che è trasfigurato e insieme trasfigura: Dio non imbroglia mai, feconda e dà compimento, realizza la sua Parola e irradia la sua vita, rende felice il cuore di chi lo ama e incoraggia, vince la paura e prepara il futuro ultimo. Le condizioni per fare questo sono: andare con Gesù, stare con Lui in disparte, salire sul monte (il Calvario), essere disposti ad ascoltare il Maestro, saper stare in silenzio, cioè conservare nel cuore l’opera di Dio. Gesù lascia trasparire qualcosa della sua Pasqua, cioè del mondo di Dio, e qualcosa del futuro che attende ogni vero discepolo. Non è una magia, o solo una conferma delle promesse di Cristo, né semplicemente un incoraggiamento ai discepoli: è un’anticipazione della sua identità di Figlio di Dio; è un esempio di cosa attende chi crede in Lui. Certamente si trasfigura non un leader politico, un uomo dell’alta finanza, un artista…ma il Servo di Dio e dei deboli, il Dio fatto Bambino!

Dinanzi a tre discepoli – Pietro, Giacomo e Giovanni –   loro, sul monte, si trasfigura. Mostra loro la sua divina essenza, tutta nascosta nella sua carne mortale. Manifesta anche l’eterna verità della sua missione. Lui deve andare a Gerusalemme. Deve compiere il sacrificio della sua morte. Il Padre viene in soccorso, in testimonianza e dice ai discepoli di ascoltare il suo Figlio diletto nel quale Lui si è compiaciuto.

La trasfigurazione di Cristo è in realtà la nostra trasfigurazione. Lui cambia il suo aspetto, ma non la sua natura che è e resta divina, ma siamo noi che ci trasformiamo e ci rinnoviamo.

Si tratta di un’esperienza della grazia da vivere nella gratitudine, lasciando a Dio la piena libertà dell’iniziativa.

A noi spetta scendere dal monte, cioè portare quel volto trasfigurato, che ora splende su noi, nel mondo. Non ci saranno risparmiate le incomprensioni, le difficoltà, altre sofferenze, ma la forza irresistibile dell’amore di Dio sarà con noi, per trasfigurare il mondo.

La trasformazione avviene gradualmente nell’esistenza di chi si nutre della Parola («Ascoltatelo!») e del Pane della vita (l’Eucarestia). Cristo non è mai innocuo o sterile: dove arriva, trasfigura e rinnova. Il cristianesimo non si è diffuso con leggi o programmazioni, tantomeno con giochi di potere o con la violenza: semplicemente con la forza dell’amore e della testimonianza. Questa lezione della storia vale anche per l’oggi. La vita della Chiesa è fatta anche di documenti, riunioni, progetti pastorali, pellegrinaggi e tante altre iniziative: ma ciò che veramente incede è la vita santa delle persone, sono le liturgie tradotte in stile di vita quotidiano, sono le opere di bene fatte davanti a tutti per la gloria di Dio.

Gesù è venuto certamente a salvarci, ma anche ad insegnarci a vivere in questo mondo, a mostrarci la vera vita umana, vissuta come opera d’arte, come capolavoro. Sì, la vita del cristiano è una “vita differente”: anche per questo è contestata, e proprio in questo è rivelatrice, vera sfida all’indifferenza regnante tra gli uomini. La vita del cristiano è certamente causa di domande e contestazioni, ma il cristiano è chiamato a farla apparire bella davanti agli uomini!

Nel cristiano la vita bella nasce dal sentirsi «amato da Dio»: questo vince la «pretesa» tipica del ripiegamento su di sé e rivela il senso del dono. È il «buon profumo di Cristo», capace ancora di attrarre (2Cor 2,15). La testimonianza più evidente è quella dei Santi capaci, per grazia di Dio, di diffondere un’umanità ed una sapienza che interpellano anche oltre il loro tempo.

La missione primaria dei cristiani è di lasciarsi trasfigurare da Gesù e di trasfigurare tutto ciò che vivono: «lo faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). C’è da valorizzare meglio l’Eucaristia, che è lo stampo dei veri cristiani; va ricuperata la domenica, giorno della revisione di vita e della testimonianza pubblica della propria fede. Questa è la grazia che chiediamo.

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