Riflessione sul Vangelo della XXII domenica del Tempo Ordinario

Che Gesù è il Messia, il figlio del Dio vivente, lo crediamo e lo affermiamo con Pietro e con tutta la Chiesa.

Ma Gesù, mentre conferma di essere il Messia, chiarifica apertamente che il suo messianismo è stato anzitutto sulla scia del servo di JHWH, sulla scia dei profeti che Gerusalemme ha rifiutato e ucciso. Un Messia che ha avuto come prospettiva immediata una morte obbrobriosa.

Chi può accettare di credere in un Dio sconfitto?

Il buon senso lo rifiuta, e Pietro si fa portavoce di questo disagio e grida: «Dio te ne scampi Signore».

La reazione di Pietro all’annunzio della passione del maestro è la stessa di ogni uomo davanti a qualsiasi prova da sopportare. Non c’è mai la disponibilità, tanto meno la prontezza ad accettarla perché contrasta con l’aspirazione fondamentale dell’essere umano che cerca di tenere lontano da sé il dolore e raccogliere onori e gioie.

«Via da me, satana», disse Gesù a Pietro!Nel giro di poche ore, Simon Pietro viene definito prima beato e poi satana da Gesù.

Beato perché scelto dal Padre per rivelare la natura del Figlio, satana perché non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini.

La parola «satana» non equivaleva – in quel caso – a «maledetto», che sarà la definizione ultima di chi starà per precipitare nell’inferno, nel giudizio universale.

Pietro è nella situazione di ogni altro uomo «viatore», che può essere beato un giorno e indemoniato un altro, santo un giorno e peccatore un altro.

Gesù – nonostante la violenza del termine «satana» – si affretta a spiegare all’amico perché lo ha definito così.

Se notiamo bene, le due definizioni, benché opposte, hanno una motivazione comune.

Gesù, sentendosi chiamare «Figlio di Dio», volle definire anche Pietro un beato, cioè un divino, in quanto destinatario della rivelazione del Padre, e in quanto illuminato dalla sua luce. Quando Dio entra in contatto con una persona umana, la illumina, e le comunica qualcosa di Sé, per cui l’uomo diventa quasi un essere divino. La Bibbia – lo ricorda lo stesso Gesù – chiamava dèi coloro ai quali era stata rivolta la Parola di Dio (Gv 10,35). «Beato» non significa felice ma indica la natura del santo. Ora possiamo capire perché poi Gesù lo chiama satana: tu – Pietro – la pensi secondo gli uomini, cioè secondo il mondo; il mondo, il cui principe è satana.

Come, infatti, il contatto con Dio comunica la natura divina, il contatto con satana comunica l’infezione satanica.

Gesù poteva sopportare il fetore dei lebbrosi e quello quadriduano del cadavere di Lazzaro, ma non quello di satana, che Gesù sempre e subito cacciava via.

Ora sappiamo che se la pensiamo secondo Dio siamo come Dio, se la pensiamo secondo satana siamo come satana.

Non c’è dubbio che Pietro amava Gesù, e che solo per amore gli disse quelle tenere parole: «Dio te ne scampi, Signore»; ti scampi, cioè, dalla morte violenta da parte dei sacerdoti, come Gesù aveva appena predetto.

Che tipo di amore era quello di Pietro?

Il caso ci spinge a fare molte riflessioni sui così detti «amori» degli uomini. Quanti giovani rovinati da certi «amori», quanti figli distrutti da certi amori, quanti mali fatti per amore! Quello inautentico, ovviamente!..

genitori viziano i figli per «amore»; i fidanzati abbandonano le fidanzate anche incinte perché «amano» un’altra e poi un’altra; gli uomini-bomba si suicidano e uccidono per «amore» verso un certo ideale…

Gesù ha insegnato un altro amore, quello vero che consiste nella capacità di donarsi e di sacrificarsi per l’altro, pretendendo in cambio solo amore.

Dobbiamo imparare il retto modo di amare dall’esempio di Gesù.

«Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Soffrire e morire per l’altro, ecco il vero amore.

«Amatevi come io vi ho amato» significa «fate ciò che io stesso ho fatto, per vostro amore».

«Chi vuole seguirmi – dice Gesù – rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua».

Qualunque istinto contrario a tale amore è satanico perché viene dall’egoismo originale.

«Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà».

Gesù non usa mezzi termini: ci chiede di saper donare la vita per amore. E ci avverte che chi non sa donarla, comunque la perderà: «chi vorrà salvare la propria vita, la perderà».

Meglio donarla perché «Qual vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria vita?». Quando Gesù tornerà alla fine del mondo «nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Articoli simili