Riflessione sul Vangelo della XXIII domenica del Tempo Ordinario

Seguire il Messia crocifisso è difficile. Senza la grazia è impossibile. Appunto per questo è difficile vivere nelle comunità con lo spirito di Gesù.

Molti sono i problemi del vivere insieme: uno dei tanti è correggere il fratello o la sorella che «peccano». Con l’acuirsi della sensibilità sulla vera dignità della persona, ma anche di un crescente e inaccettabile individualismo, questo compito si è reso oggi particolarmente difficile.

Gesù «sa ciò che sta nell’uomo», scrive S. Giovanni, e sa che anche i fratelli possono peccare tra loro. Non poteva dimenticare che il secondo peccato delle origini fu un fratricidio.

Anche noi facciamo spesso l’esperienza che i nostri nemici sono i nostri familiari.

Non a caso, perciò, Gesù dice: «se tuo fratello pecca contro di te».

Di quale fratello parla? Del fratello non solo carnale, ma anche del fratello spirituale; più del secondo che del primo; e questo è ancora più grave! E quando un fratello pecca perde se stesso, perché – quando pecca – pecca, soprattutto, davanti a Dio, contro Dio, contro se stesso e contro il suo prossimo. E, nonostante ciò, rimane sempre figlio di Dio e – perciò – fratello, un fratello da «riguadagnare» con la preghiera e l’auto di altri fratelli, dell’intera comunità.

Il Vangelo ci dice che quando abbiamo fatto tutto ciò che dipende dalle nostre possibilità ci rimane l’obbligo della preghiera comune. E quando c’è unanimità nella preghiera è come se il Signore stesso fosse presente in mezzo alla comunità. Per cui la preghiera risulta certamente efficace, perché è la preghiera stessa di Gesù al Padre.

L’amore fraterno è un dono che va incessantemente invocato dall’alto e ricercato con tutte le proprie forze, eppure solo tale amore sarà capace di tradurre in realtà il «sogno» di Dio di fare della terra un giardino per tutti i suoi figli. Solo il desiderio di «guadagnare» un fratello allora può spingerci a incontrarlo per riportarlo alla comunione d’amore che è vita e dalla quale con il suo modo di fare si sta allontanando. I discepoli di Gesù devono costantemente guardarsi da un duplice pericolo. Quello più serpeggiante oggi è quello di evitare di pronunciare giudizi, siamo circondati da un soggettivismo assolutamente spaventoso.

Dall’altra parte c’è la tentazione di ergersi a giudici, quasi a difensori della «legge di Dio» dei suoi interessi, come se Lui non fosse capace da solo e dimenticandosi che con la Incarnazione del Figlio eterno, gli interessi di Dio e quelli veri dell’uomo, coincidono.

Ma Gesù dona la giusta via da seguire: oltre a indicare con saggezza pedagogica gli interventi di correzione, Egli dice chiaramente qual è lo scopo della correzione stessa: il guadagno del fratello peccatore e la sua identificazione con pagani e pubblicani non ne fanno una sorta di «maledetto», ma nella sua condizione, a causa della quale si è posto con il suo peccato, la Chiesa continua a farsene carico con la preghiera e con un maggiore amore che si esprimerà, seguendo l’indicazione di S. Giovanni XXIII, condannando l’errore e amando l’errante.

Non è da passare sotto silenzio che la fuga dalla comunità cristiana e le conseguenti scelte diverse dalla proposta di vita bella e buona che Gesù e la sua comunità propongono a volte scaturiscono dall’incapacità di creare all’interno della comunità quei rapporti caldi capaci di far passare l’annuncio del Vangelo.

Anche nella celebrazione Eucaristica è dato spazio alla conversione comunitaria e al recupero della propria identità di peccatori-salvati. Quando infatti confessiamo i nostri peccati, lo facciamo sia a Dio sia ai fratelli e lo scambio del gesto di pace ci porta a riabbracciare anche i fratelli che fraternamente hanno avuto bisogno di correzione.

L’amore di Dio è fonte dei rapporti amorevoli che intercorrono tra i figli suoi: l’amore che non conosce limiti e che riceve nelle regole solo un aiuto tendente a indicare «il minimo consentito». La santità è la pienezza della Legge, ad essa come – «misura alta della vita cristiana ordinaria» – ci ha invitato a guardare S. Giovanni Paolo Il come ad un traguardo possibile a chiunque. Il cammino verso di essa trova nella comunità che sostiene, incoraggia e corregge il luogo dove realizzarsi pienamente. Per questo la Chiesa, come madre amorevole, esorta, corregge e, anche quando sembra dura lo fa per mostrare la gravità del male perché ci si possa ravvedere. È grande la responsabilità dei cristiani verso i fratelli, la stessa che Gesù sentì: che nessuno vada perduto perché non gli è stata data attenzione anche nell’errore.

Articoli simili