Riflessione sul Vangelo della XI domenica del Tempo Ordinario
Il Vangelo di questa domenica ci presenta uno dei momenti chiave della vita di Gesù: la chiamata dei dodici apostoli e il loro invio a predicare e a liberare i bisognosi.
Tutto inizia con un moto di compassione di Gesù verso la folla. Guardando la folla intorno, Gesù ha certamente pensato a tutto il genere umano bisognoso di salvezza, fino alla fine dei secoli. E con una decisione «storica», getta le basi della sua Chiesa.
Quale consapevolezza abbiamo sulle verità della Chiesa? Sappiamo davvero come è nata la Chiesa, dove affondano le radici della sua missione? D’altra parte la comprensione dell’identità della Chiesa è essenziale per viverne l’appartenenza. Il brano del Vangelo ci viene in aiuto per riscoprire la Chiesa come comunità di chiamati e di mandati.
Il brano, inoltre, rileva che gli apostoli sono dodici e, quasi, scandisce i loro nomi, uno per uno. Questo non solo per farci conoscere coloro che sono stati chiamati da Gesù a dare inizio al Nuovo Popolo di Dio, ma soprattutto perché la comunità apostolica, dalla quale prende avvio la Chiesa, è il pieno sviluppo dell’antico popolo di Dio fondato sulle dodici tribù d’Israele. Similmente, anche i credenti in Cristo sono una comunità di salvati.
Con il sacramento del Battesimo, uniti al Cristo morto e risorto, Dio stabilisce con noi e con tutti i battezzati che verranno, la nuova ed eterna alleanza: diventiamo sua proprietà che Egli ama, cura, protegge e guida, se noi però «ascoltiamo la sua Parola e osserviamo la sua alleanza». La Chiesa, pensata nel disegno salvifico del Padre e preparata da Lui nella storia dell’Alleanza con Israele, non è il frutto dell’impegno umano, dello slancio di qualche cuore generoso, non è nata dalla convergenza d’interessi di personaggi importanti, ma è un dono dello Spirito, dell’amore di Dio per noi, della Pasqua del Figlio. «Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori. Cristo è morto per noi» (Rm 5,6).
La Chiesa è comunità di chiamati per ascoltare la Parola di Dio e vivere l’Alleanza: questi due aspetti sono particolarmente evidenti nell’assemblea domenicale. E come l’Antico Israele ha avuto la funzione di anticipare e preparare il dono di Gesù di Nazareth, «il Mediatore fra Dio e gli uomini» (1Tm, 1,5), così la Chiesa è mediatrice tra Dio e gli uomini di tutti i tempi, per donare i tesori dell’amore di Dio in Cristo Gesù: per questo è cattolica, vale a dire universale.
In particolare, essa dona il tesoro della misericordia e della compassione verso tutti. La Chiesa che sgorga dalla Pasqua di Cristo è nella sua intima essenza Chiesa della misericordia. È comunità di battezzati nata da un sacrificio di riconciliazione: «quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo»(Rm 5,10). Pertanto, non è una comunità di perfetti o di giusti, ma una comunità di peccatori riconciliati e sempre bisognosi di purificazione e di riconciliazione e, per questo, comunità che accoglie con compassione e riconcilia con gioia. «Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora chiamò i dodici…» (Mt 9,36).
L’identità della Chiesa come appare dal Vangelo di questa domenica, presenta alcuni tratti caratteristici: come comunità della Nuova Alleanza, è una comunità eucaristica, chiamata cioè a lodare, a ringraziare, a contemplare il dono del suo Signore.
Chi volesse misurare o definire la Chiesa con gli schemi delle analogie di questa terra, chi volesse vederne una presenza puramente istituzionale, non ne conoscerà mai il cuore.
La Chiesa come comunità di riconciliazione è il luogo dove la vita degli uomini si incontra con la vita di Dio; pertanto essa è santa e peccatrice nello stesso tempo, vive nella precarietà, ma è figura del Regno eterno ove il peccato non sarà più possibile, perché l’amore di Dio sarà tutto in tutti e vi sarà solo la carità, l’agape.
Infine la Chiesa è comunità nella storia: come la Parola di Dio si è fatta carne in Cristo, accettando su di sé tutte le gioie e le fatiche, i dolori e le speranze dell’esistenza umana e perfino la stessa morte, così anche la Chiesa dovrà farsi presente fino in fondo a tutte le situazioni umane, come lievito nella pasta, per infondere in esse la luce di Cristo redentore.
Il fatto che la Chiesa sia innanzitutto comunità di preghiera e di ascolto, di ringraziamento e di lode, non può significare fuga o paura del mondo, né timore di impegnarsi in esso. Se il Dio di Gesù Cristo, il Dio della Chiesa si è fatto totalmente dentro le vicende umane, la Chiesa di Gesù Cristo non potrà rimanere spettatrice della storia. Essere credenti non può significare essere genericamente dei chiamati, ma chiamati per nome, come gli Apostoli, vale a dire personalmente impegnati – ognuno secondo le proprie caratteristiche e i doni di personalità – nella stessa Missione del Signore Gesù. Per questo dobbiamo pregare e servire nella comunità ecclesiale.