Riflessione sul Vangelo della XII domenica del Tempo Ordinario
Il tema centrale del brano del Vangelo di questa XII Domenica del Tempo Ordinario è la testimonianza, ed è intrecciato con il tema del coraggio di fronte ai nemici.
La fede si esprime nella franchezza della parola, quella che i Vangeli chiamano parrhesìa, che non si appoggia sulle capacità dialettiche o sui ragionamenti sottili ma sulla fiducia nel Signore.
Nel nostro paese, non conosciamo persecuzioni: eppure quante volte abbiamo paura, non osiamo prendere posizione, restiamo in silenzio mentre intorno a noi si offende la fede!
Nel Vangelo ci si dice di non temere neppure chi ha il potere di ucciderci: i discepoli che Gesù manda «come pecore in mezzo ai lupi» (Mt 10,16) non devono temere.
L’unico nemico che può nuocerci è il peccato: ma esso pure è stato vinto, una volta per tutte, da Gesù, e dove ha abbondato il peccato, sovrabbonda la grazia (Rm 5,20).
Quando Gesù disse ai suoi discepoli «Non temete gli uomini», non intendeva ispirare ottimismo circa la bontà dell’uomo, quasi che non ci sia motivo per temerli.
Al contrario, Gesù intese renderli prudenti come i serpenti, a causa della cattiveria causata dal peccato.
Gesù venne per farci diventare tutti agnelli mansueti, per vincere l’odio con l’amore, il male con il bene: amate coloro che vi odiano, fate del bene a coloro che vi fanno del male.
Affinché ciò avvenga, bisogna cominciare col vincere il timore. «Coraggio, disse Gesù, io ho vinto il mondo».
La raccomandazione a non temere vuole infondere coraggio, poiché il vero eroe non è colui che non teme ma colui che supera il timore.
Il coraggio si basa sulla certezza della vittoria finale e sulle molte promesse fatte da Gesù, non ultima il riconoscimento che Egli farà di noi davanti al Padre: «Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Inviando poi i suoi apostoli ad evangelizzare il mondo, Gesù espresse una duplice fiducia: negli apostoli – che Egli stesso rese coraggiosi con la sua grazia – e negli altri uomini che avrebbero riconosciuto in Lui la nuova Guida, Pastore e Re dell’umanità.
Il genio di Gesù si manifestò nel piano salvifico di trasformare gli uomini attraverso altri uomini.
Le raccomandazioni di Gesù, però, sembrano contraddittorie: non temere gli uomini cattivi e temere Dio buono.
Si può capire che è possibile e doveroso superare il timore verso gli uomini. Essi, infatti, possono uccidere solo il corpo, non l’anima.
Ma come si può capire il «dovere» del timore verso il Dio buono? Dio è buono ma anche giusto: ricompensa i buoni, condanna i cattivi. Se non piace il termine condanna, diciamo che non premia i cattivi.
Ma la sostanza non cambia, perché il premio è Dio stesso, Sommo Bene, che i cattivi non lo meritano perché lo rigettano. Privati del Sommo Bene, i cattivi cadono nell’oceano di ogni male, che Gesù chiama geenna.
Verrà un giorno in cui tutto sarà svelato davanti agli occhi di Dio, degli Angeli, dei Santi: «Non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato».
Allora i cattivi grideranno alle montagne: «cadeteci addosso». Ai cattivi Dio dirà: «Andate, maledetti, nel fuoco eterno»; ai buoni dirà: «Venite, benedetti, nel regno del Padre mio».
Temere, dunque, gli uomini, è debolezza; temere Dio è uno dei sette doni dello Spirito.
In più Gesù, per farci capire quale cura ha Dio di noi, dichiara: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia».
Altrove dirà: «Voi valete molto più di molti passeri».
Questo richiamo sul valore e la dignità dell’uomo non serve solo a farci capire l’amore di Dio verso di noi, ma deve indurci a riflettere sul delitto che compie ogni uomo quando uccide il proprio fratello; e sul dovere che hanno gli uomini di amarsi vicendevolmente.
Queste verità annunciate da Gesù sono tanto importanti da essere predicate sui tetti: «Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti».
Da duemila anni, milioni di sacerdoti e di missionari predicano la buona novella dai tetti, e molto è stato fatto per l’«umanizzazione» dei lupi e dei cani.
Ma appare chiaro a tutti che c’è molto ancora da fare.
Anzi, mai come oggi si cerca di voler vestire persino Dio con la pelle del lupo, armarlo di missili e farlo combattere in prima fila per questo o per quel gruppo etnico.
Ovviamente la cattiveria umana si è tanto raffinata, che la si vuol fare apparire come opera di Dio.
Ma Dio resta al di sopra delle parti, e continua a predicare la pace e l’amore universale.