Riflessione sul vangelo dell’VIII Domenica del T. O.
Anche in questa 8a domenica del Tempo Ordinario continua la lettura del cap. 6° di Luca in cui l’evangelista ci riporta l’insegnamento di Gesù ai suoi discepoli e alle folle che vogliono entrare nel Regno. Il brano evangelico inizia con le parole: «Gesù disse loro anche una parabola». In realtà non racconta «una» parabola, ma una serie di metafore molto brevi, o “detti”, a carattere morale.
Primo “detto”: Un cieco non può guidare un altro cieco. È un avvertimento che Gesù rivolge ai suoi discepoli e anche per tutti coloro che, oggi e in ogni tempo hanno l’obbligo di conoscere bene la dottrina evangelica per insegnarla agli altri: vescovi, teologi, sacerdoti – specie se fungono da Direttori spirituali di anime particolari -, catechisti ecc. Ma è anche un avvertimento a tutti a sapersi scegliere delle guide avvedute, perché si può cadere nel baratro senza avvedersene.
E quando ci si dovesse accorgere che non sono adatte? Lasciarle, Riferendosi infatti ai farisei, Gesù ordinò: «Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi» (Mt 15,14). Il mondo è pieno di maestri ciechi che si atteggiano a guide di persone ignare che si affidano nelle loro mani: maghi, cartomanti, interpreti di sogni, leaders di sempre nuove sette religiose! Ricordiamo l’avvertimento di Gesù ai farisei: alla domanda «Siamo forse ciechi anche noi», rispose: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane» (Gv 9,41).
Secondo “detto”: Il discepolo non è da più del maestro. Gesù è l’unico vero Maestro. Un giorno dirà: «Non chiamate nessuno maestro sulla terra, poiché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo». Chi ritiene di aver bisogno di un maestro, gli si dichiara con ciò stesso inferiore, cioè meno preparato di lui. Quando diventerà colto come il maestro, non ne avrà più bisogno, e diventerà anche lui maestro. Ma finché è discepolo, non è da più del maestro. Ma di fronte a Gesù si è sempre discepoli!
Gesù è maestro unico e ineguagliabile. Resta sempre sua la dottrina insegnata da chi Egli invia ad ammaestrare fino ai confini della terra. Se non si accetta loro, non si può dire di accettare Lui. Gesù lo disse chiaramente: «chi disprezza voi, disprezza me».
Terzo “detto”: Togli prima la trave dal tuo occhio. Con questo “detto”, Gesù non intese abolire la retta «correzione fraterna» che, tra i «discepoli» di Gesù, in tutta la storia, è stata sempre praticata. Ma affinché essa sia efficace, bisogna che ciascuno purifichi l’occhio della propria coscienza, per poter rilevare i difetti del fratello e correggerlo per amore e con amore. Chi non vede o vede male, non reca alcun vantaggio al fratello. Chi ha una trave nell’occhio, è praticamente cieco, benché pretenda di guidare altri che forse vedono meglio di lui. Gesù rileva l’incongruenza!
Quarto “detto”: Ogni albero si conosce dal suo frutto. Questo “detto” è un richiamo al personale impegno a collaborare con la grazia divina: «Il frutto dimostra come è coltivato l’albero». Per produrre e gustare frutti saporosi di carità e camminare con gli altri su vie di giustizia e di bontà è, dunque, necessario lavorare per educare e formare la mente e il cuore, dedicare tempo alla riflessione e alla preghiera, esercitarsi nella pazienza e nella prudenza, nella temperanza e nella fortezza, nella giustizia e nell’onesta, essere sempre attenti a discernere e a fare la volontà del Padre, costi quel che costi, convinti che Dio, e noi con Lui, vuole sempre e per tutti salvezza integrale. Chi è da Dio – dice Giovanni – non commette peccato», i due “detti” seguenti ribadiscono lo stesso concetto: L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo trae il male dal suo cattivo tesoro. Gesù ritiene che c’è un tesoro che può essere anche cattivo, ed è il cuore dell’uomo.
Gesù – che conosce l’uomo e «sa che cosa c’è dentro di lui» (Gv 2,25) – attribuisce il cuore buono all’uomo buono, il cuore cattivo all’uomo cattivo, perché il cuore è l’uomo. Non è possibile il contrario. E Gesù). Tant’è – come si dice nel sesto “detto” la bocca parla dalla pienezza del cuore. L’uomo buono e l’uomo cattivo non estraggono «cose» dal tesoro del cuore, ma pensieri e parole, che sono buone o cattive. È necessario avere il cuore pieno di bontà, se vogliamo comunicare bontà ed essere «perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli».