Riflessione sul Vangelo della XIII domenica del Tempo Ordinario

Nel brano evangelico di questa XIII Domenica del Tempo Ordinario, Gesù dice parole inquietanti o sublimi secondo la risonanza che hanno in chi le legge o ascolta: Egli ci dice che «chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me».

Gesù vuole certamente che i genitori amino i figli e i figli amino i genitori come se stessi; ma pretende per sé un amore maggiore. Amare Gesù più dei genitori o dei figli vuol dire porre un fondamento così forte e assoluto agli amori umani che questi, anche se possono essere messi in crisi, rimangono saldi perché partecipi dello stesso amore di gratuità di Dio stesso. È Lui il più grande, è Lui il Creatore, è Lui il Redentore, è Lui la meta ideale di tutto, è Lui la fonte del vero amore che rende capaci amare fino alla fine e anche oltre la fine di questa vita terrena. Per questo, chi non segue Gesù, rende vana la sua morte e la sua redenzione. Chi non segue Gesù non si salva perché non è degno di Lui. Seguire Gesù significa imitarne la vita e praticarne la dottrina, poiché non chi dice «Signore, Signore» entrerà nel regno dei cieli ma chi fa la volontà del Padre. Seguire Gesù non è semplicemente farsi battezzare e iscrivere il proprio nome nel registro dei battesimi, ma impegnarsi in un tipo di vita conforme al Vangelo.

Occorre anche seguire Gesù con la propria croce: «Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me».

Va sottolineato l’aggettivo possessivo «sua», perché c’è una croce preparata per ciascuna di noi.

Bisogna prenderla, portarla per la via della vita, presentarsi al giudizio di Dio crocifissi con Cristo.

Si tratta della necessità di «perdere la propria vita» per Cristo, per poterla ricuperare alla fine, secondo l’esplicita promessa di Gesù: «Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà».

Non c’è spazio per i furbi, poiché Gesù dichiara apertamente: «Chi avrà trovato la sua vita, la perderà».

Non c’è spazio per i gaudenti, per i ricchi epuloni e per quanti credono di crearsi un paradiso in terra. Di paradiso ce n’è uno solo, quello ultraterreno.

Gesù non ama le mezze misure: Gesù non ama sostare sulla soglia, ma vuole entrare, o passa via.

Ma Gesù non pretende di essere accolto solo personalmente. A Lui appartengono i profeti, i giusti, i piccoli, i quali devono essere accolti così come si accoglie Lui.

«Chi accoglie un profeta come un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto».

Non devono sfuggire le sottolineature di Gesù, quando dice «come un profeta» e «come un giusto».

Ogni volta che si fa del bene si riceve una ricompensa: ma quanto si fa per un profeta in quanto tale o per un giusto in quanto giusto, Gesù dà non solo una ricompensa, ma quella stessa che dà al profeta e al giusto.

Ribaltando i termini, siamo autorizzati a ritenere che chi è complice del terrorista avrà la condanna del terrorista, e chi «mantiene il sacco» al ladro sarà considerato un ladro.

Gesù, inoltre, stabilisce un legame tra Sé stesso, il Padre, gli apostoli, gli altri.

«Chi accoglie voi, accogli me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato».

Questo è vero nei rapporti umani, nel senso che il mandato rappresenta il mandate: ma Gesù va oltre, perché Egli non rappresenta il Padre che lo ha mandato, essendo una sola cosa con Lui, una sola natura, un solo Dio con il Padre e con lo Spirito Santo.

Chi accoglie Gesù in sé, accoglie tutta la Trinità.

Gli apostoli, a loro volta, non rappresentano Gesù, ma lo portano con sé, poiché Gesù e il Padre hanno stabile dimora in coloro che amano.

Non solo gli apostoli, ma anche quelli che Gesù chiama profeti, giusti, piccoli, hanno uno stretto legame con Gesù e con il Padre.

Ma si badi a non confondere la figura del profeta: profeta non è chi predice il futuro, ma chi parla in nome di Dio ed evangelizza.

Giusto è chi osserva la legge di Dio; la giustizia in un senso pieno e generale è la carità, e la prima carità è la giustizia in quanto seconda virtù cardinale.

Piccolo è Gesù, perché umile e servo. Gesù chiama piccoli i suoi apostoli, e promette: «Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità vi dico: non perderà la sua ricompensa».

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