Riflessione sul Vangelo della XVI Domenica del T.O.
Il brano del Vangelo di Marco, che ascoltiamo nella XVI Domenica del Tempo Ordinario e che precede il racconto del miracolo dei pani, ci presenta Gesù come il pastore compassionevole che accoglie, guida e protegge il popolo che è sbandato come un gregge senza pastore. Difatti, Gesù, quando vede la grande folla accorsa sulla riva del lago, è preso dalla compassione perché «erano come pecore senza pastore» e mettendosi a disposizione della folla, svolge il suo compito di pastore che è quello di «insegnare loro molte cose».
Questa figura di Gesù pastore viene proposta come modello ai dodici che sono appena rientrati dalla missione in Galilea. Perciò Marco, per la prima volta nel suo Vangelo, attribuisce ad essi l’appellativo di «apostoli». I dodici, dunque, si riuniscono attorno a Gesù e gli riferiscono «tutto quello che avevano fatto e insegnato», Gesù allora li invita a seguirlo in un luogo appartato, fuori della ressa della gente, per riposarsi un pò. Infatti, nota l’evangelista, era molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
Dobbiamo pensare Gesù e i suoi nel pieno del travaglio dell’annuncio, stretti dalla folla che chiede tanto il nutrimento della Parola che quello della guarigione o del conforto. È assolutamente comprensibile il bisogno di Gesù e dei suoi di trovar quiete, di sottrarsi alla morsa della domanda. Ma la folla che li vede partire intuisce già dove è diretta la barca con cui prendono il largo. Ed è a questo punto, di fronte alla domanda disperata di senso, di fronte alla corsa del portarsi in anticipo là dove Egli è diretto, di fronte alla moltitudine che sta già ad aspettarlo, che Gesù preso dalla compassione si commuove.
Il contrasto tra il progetto di Gesù – stare con i discepoli per farli riposare in luogo solitario dopo la loro missione – e la ricerca ostinata della folla alla fine viene superato. Gesù infatti «commosso» alla vista della gente, si mette ad istruirla perché si rende conto che è un popolo lasciato andare allo sbando dai suoi pastori.
Il cuore di Gesù, che è amore infinito, non può permettere che le pecore che vanno in cerca del vero Pastore si perdano, non può abbandonarle alla morte spirituale. Si commuove per tanta volontà di salvezza, vedendo l’uomo nella ricerca della verità e di chi questa verità gli può dare. Lui, che legge il cuore e sa qual è il suo anelito più profondo, abbandona il desiderio di un pò di solitudine e si mette a disposizione della folla, insegnando molte cose. Dona loro la verità, annunzia il Regno, parla del Padre che è nei cieli e di cosa significhi credere in Lui, rivela quali sono le esigenze morali e spirituali per tutti loro che sono suoi figli e fratelli gli uni degli altri.
In questa circostanza Gesù rivela ad ogni pastore che c’è sì la necessità del riposo, del recarsi lontano, dell’abbandonare ogni cosa per ritrovare sé stessi, ma c’è anche l’esigenza della folla che è primaria rispetto ad ogni altra. Bisogna conciliare le due necessità: quella personale del prendere un pò di respiro e l’altra della folla che ha bisogno del pane del Vangelo; questa urgenza non può venire delusa, altrimenti si perde una grande occasione per ricondurre le pecore al vero Pastore che ha il mandato di incamminarle verso il Padre suo che è nei cieli.
Il messaggio dì questa XVI domenica può dunque essere condensato per un verso nel riconoscimento del Pastore la cui voce le pecore ascoltano: Egli le conosce ed esse lo seguono. Egli è il Pastore buono che ha assunto la nostra stessa carne e grazie ad essa dal di dentro conosce e discerne ogni nostro bisogno. Egli è il Pastore la cui presenza altri rendono presente nella dialettica dell’ascoltarlo e del seguirlo, nel vivere la sua compassione e il suo dono di grazia che sono un unico movimento di evangelizzazione; non si può avere compassione se non si è ricchi di grazia e se non si è ricchi di grazia la folla non viene, non segue, non cerca; la folla non va dietro chi è vuoto, privo di speranza, scarico di novità di vita, non aperto ad un futuro che porta il compimento di ogni attesa.