Riflessione sul Vangelo della XXIV domenica T. O. Anno C
Anche quando si vuol seguire Gesù con generosità e radicalità, non si è esenti dal peccato. Con tutta la buona volontà, non sempre si è fedeli alla parola data a Dio, non sempre ci si comporta da discepoli. In tal caso cosa deve fare la Chiesa? Come deve comportarsi verso chi si smarrisce e poi si pente? La Chiesa deve agire come agisce Dio, deve cioè saper gioire per un fratello che si pente come gioisce il pastore per la pecora ritrovata o la donna per il denaro perduto e ritrovato. Tutte e due (o tre) le parabole – che sono proposte nel vangelo di questa XXIV Domenica del Tempo Ordinario – si concludono con un invito a condividere, con gli amici e i vicini, la gioia per quanto è stato ritrovato.
Non che quella pecora o quella dracma ritrovata fossero più importanti delle altre; semplicemente Gesù ci dice che Dio non ama i peccatori perché peccatori, ma perché bisognosi del suo amore e del suo aiuto. Godere della salvezza propria o altrui è partecipare alla gioia stessa di Dio.
Tutto questo viene detto da Gesù nelle 3 preziose parabole riportate da San Luca nel cap.15o del suo Vangelo. Le 3 parabole sono imperniate su un punto centrale e cioè sul modo con cui Dio guarda coloro che l’hanno offeso e abbandonato – pronto sempre a perdonare e a riconciliarsi con loro – e su un aspetto conseguenziale al suo perdono, precisamente su chi dev’essere il perdonato, cioè noi. Perché l’incontro con Dio trasforma a sua immagine. L’incontro con Dio che è “perdono” fa diventare capaci di “perdono”.
Chi non ama non si preoccupa, non si mette in cerca, non aspetta con ansia. Chiusi in sé stessi, appagati della propria perfezione, si guardano gli altri con disinteresse, con disprezzo: non si vuole avere niente a che fare con loro. I farisei e gli scribi del tempo di Gesù, e il fratello maggiore della terza parabola hanno imitatori in ogni tempo, anche nel nostro tempo. Nel numero possiamo esservi pure noi.
Diversamente dall’uomo che non perdona, Dio invece perdona, Dio è il perdono. Perché Dio è l’amore.
Convertirsi è credere nel perdono di Dio e imparare a perdonare. Vuol dire fare festa per ciò che è stato ritrovato, per chi è ritornato. Fare festa con Dio e come Dio, il Padre che riabbraccia con immensa gioia il figlio che ritorna a casa. E il suo abbraccio è come una nuova generazione, è dare al figlio una vita nuova, più bella e più forte.
Chi perdona è dalla parte di Dio, anch’egli gioisce nel perdonare, e perdona in modo non sterile, non limitandosi semplicemente a “dimenticare” (o a dire, magari fingendo, di dimenticare); perdona invece in modo fecondo e creativo, dando “vita”: dando cioè fiducia e accompagnando nel cammino della vita, che riprende nel segno della speranza.
Nel testo stupendo delle tre parabole troviamo un intreccio di richiami alla vita, luminose allusioni alla qualità del perdono: come è presente, nella sua piena realizzazione, in Dio; come deve diventare progressivamente, con la sua grazia, in noi.
Per chi ama e perdona, non conta il numero: ogni persona ha un valore unico, è insostituibile.
Per chi ama e perdona, non conta la fatica, non conta il tempo: la sola preoccupazione è quella di salvare.
Per chi ama e perdona, la gioia più grande è il rinnovarsi dell’incontro con chi era smarrito.
Per chi ama e perdona, la gioia dell’incontro si dilata, diventa dono per tutti. Diventa festa partecipata, condivisa. Festa in terra, riflesso della festa del perdono, festa senza fine che si fa in cielo.
Quando questo brano del Vangelo di Luca risuona nel contesto dell’Eucaristia domenicale acquista una particolare colorazione, e a sua volta reca un prezioso apporto alla celebrazione stessa.
La Celebrazione domenicale è la festa settimanale del perdono: in essa si invoca più volte il perdono di Dio e si chiede perdono ai fratelli; si ottiene il perdono mediante il sacrificio di Cristo di cui si fa memoria viva; si fa festa nel convito eucaristico al quale tutti partecipano con grande gioia; e di questa gioia si faranno annunciatori e portatori credibili nel mondo. Tutte e tre le parabole del perdono, ma in particolare quella del «Padre misericordioso», hanno nella Celebrazione Eucaristica una splendida attualizzazione sacramentale, con proiezione nella vita.
Festa del perdono è anche, ovviamente e soprattutto, ogni celebrazione del Sacramento appunto del Perdono. E questa festa ha un rapporto profondo, essenziale con la festa vertice che è l’Eucaristia.