Riflessione sul Vangelo della XVII Domenica del T. O. Anno C
Il brano del Vangelo è una lezione del come si deve pregare. Lezione suggerita e provocata dalla domanda dei discepoli «Signore insegnaci a pregare» … «voi quando pregate dite: Padre nostro…». È una delle pagine più importanti del Vangelo. Non per questo è l’unica pagina che tutti i cristiani sanno a memoria. Il Padre Nostro riassume tutto ciò che noi siamo, per cui viviamo, tutto ciò di cui abbiamo bisogno, tutto ciò che ci qualifica come figli di Dio. Difatti, il cuore del messaggio del Vangelo non è tanto la preghiera, quanto l’atteggiamento filiale e amichevole della preghiera. Dunque, il punto su cui insistere non è sulla necessità di pregare ma, piuttosto, la qualità della preghiera cristiana, che è la preghiera del Figlio di Dio, di Gesù, comunicata a noi, perché anche noi siamo diventati in Lui figli di Dio.
Gesù ci insegna a pregare perché ci fa diventare figli come Lui, perché ci mette in buona relazione con Dio e ci permette di chiamarlo “Papà”. E tutto questo è divenuto realtà per noi grazie al Battesimo: in comunione con Cristo anche noi abbiamo accolto i suoi desideri fondamentali e li esprimiamo continuamente nella “sua” preghiera. Nella nostra povertà siamo coscienti della responsabilità che ci è affidata, consapevoli di essere un segno di Dio nel mondo, in quanto suoi figli. Inoltre, proprio perché legati in stretta amicizia con Lui, sentiamo di avere il ruolo di intercessori per il mondo, anche e soprattutto per coloro che sono sofferenti e altri ancora perché sono ingiusti e lontani da Dio.
Infatti, la piena realizzazione del Regno di Dio nella storia e nell’umanità intera, nella Chiesa e nelle singole persone è oggetto della preghiera di Gesù e costituisce il suo (e nostro) ardente desiderio: il desiderio di trasformare noi stessi, di conformarci a Lui e di collaborare con Lui per trasformare il mondo. È quanto viene ribadito nella prima parte del Padre Nostro: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno come in cielo così in terra».
Mentre nella seconda parte del Padre Nostro noi supplichiamo Dio per le necessità fondamentali dell’esistenza umana. Lo preghiamo non individualmente, ma comunitariamente. Tutti quanti noi, in quanto figli di Dio ed appartenenti ad una stessa Chiesa chiediamo a Dio il pane quotidiano, il perdono dei peccati, la forza davanti alla tentazione per tutti i cristiani, per tutti gli uomini. Sono richieste che si fanno a Dio come Padre, e per questo con totale fiducia e sicurezza di essere ascoltati.
Occorre, però, vivere una preghiera continua e quindi disporre dei tempi determinati, da dedicare al Signore affinché si alimenti in noi questo rapporto con Dio, per raccontare la propria vita a Lui, e i propri bisogni non tanto perché Lui non li conosca, ma piuttosto perché noi ne prendiamo maggiormente coscienza.
La preghiera, inoltre, fa anche bene alla salute: non siamo fatti di solo corpo, ma anche e soprattutto di anima. E come il corpo ha bisogno di nutrimento e di esercizio per star bene, così anche l’anima. E la preghiera è un’autentica respirazione e nutrimento dell’anima. E se l’anima vive bene, anche il corpo – che le è indissolubilmente unito – sta meglio.
La preghiera è dunque importante, ma non solo perché ci aiuta a vivere meglio ma anche perché ci aiuta a morire meglio. Infatti, quel che in fondo spaventa della morte, è di piombare in una realtà totalmente sconosciuta. Ora questa realtà è Dio. Se impariamo – con la preghiera- a conoscerlo ed amarlo sempre di più, fin da quaggiù, non ci farà più paura dopo. Noi, non siamo figli di nessuno, ma abbiamo un Padre che ci ama immensamente! E siamo chiamati ad approdare in quell’oceano di infinito amore, di intramontabile bellezza e di inesauribile luce.
Inoltre, tutto ciò non ci fa considerare la preghiera come una cosa penosa, da fare il più in fretta possibile, o il meno possibile, ma come l’incontro con un grande Amico che è soprattutto Padre. Così come non ci costa stare con un amico, anzi ne sentiamo il bisogno; così dovrebbe essere della preghiera: dovremmo sentirne il bisogno. Ma come fare per raggiungere a considerare la preghiera come un bisogno e un piacere? È vero, il piacere di pregare, molte volte non è sensibile, ci risulta un poco più difficile perché è un piacere spirituale, è un piacere che solo lo Spirito Santo ci può regalare. Pertanto, più che sforzarsi di gustare la preghiera, dovremo sforzarci di chiedere allo Spirito il gusto di pregare. Egli, che conosce l’intimo di ogni uomo, è Colui che infonde nell’interiorità di ciascuno questo gusto per la preghiera. Chiediamo al Signore che continui a concedere a tutti noi cristiani il suo Spirito e il piacere di pregare che è una delle ricchezze concesse ad ogni cristiano e a tutta la Chiesa.