Riflessione sul Vangelo della XXV Domenica del T. O. Anno C
Il brano evangelico – proposto in questa XXV Domenica del Tempo Ordinario – insegna che la vita è un’esperienza seria, non c’è una vita di scorta, non c’è esame di riparazione: esiste soltanto l’«oggi» che decide anche per il domani. Ciò che conta è «adesso».
Già la sapienza umana è riuscita a scrivere pagine stupende sull’impegno di ognuno a favore di tutti, essendo legati strettamente gli uni agli altri, nel bene e nel male.
Ognuno è un «amministratore» del mistero della vita ed è corresponsabile di quanto avviene: non ci sono scusanti o rimandi. L’esperienza quotidiana lo conferma: si pensi alla globalizzazione, all’ecologia, alla finanza ecc. Questo è vero anche nella fede: Gesù ricorda l’importanza di dare il primato a Dio Padre, di fare tesoro del tempo che è fecondato dalla sua presenza di figlio di Dio, di scegliere colui che rimane per sempre.
Il brano evangelico – proposto in questa XXV Domenica del Tempo Ordinario – ribadisce che il fine ultimo della vita è di conoscere – amare – servire il Signore. Gesù è stato, il primo a vivere totalmente orientato al Padre, sentendosi «servo» e non padrone, compiendone la Sua volontà ogni giorno e non la propria, cercando la gloria di Dio e non la gratificazione personale o di gruppo. Gesù non è stato un parassita, uno dei tanti che ha fatto il proprio interesse; non si è «lasciato vivere» né si è disperso in tanti frammenti. Tutte le energie le ha spese amando il Padre della vita e, in Lui, le persone e le situazioni in cui si è venuto a trovare. La preghiera, l’insegnamento, i miracoli, le umiliazioni: tutto è spiegabile a partire dal primato del Regno di Dio. Chi lo incontrava, era facilitato a chiedersi: perché parli o agisci cosi?
Gesù così ha insegnato a non rendersi schiavi delle ricchezze, ma – ancora di più – ha insegnato come servirsene per un utile spirituale.
Persino la ricchezza di fatto accumulata in maniera iniqua può poi servire a procurarsi un posto in cielo.
Disse infatti: «Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne».
Non è lecito procurarsi l’iniqua ricchezza col fine di fare opere di bene: Gesù, riferendosi alle ricchezze accumulate in modo ingiusto, suggerisce di usarle per crearsi amici spirituali.
Gesù portò un esempio: un amministratore fu licenziato dal suo padrone perché «sperperava i suoi averi». L’amministratore disse a un dipendente: tu devi cento barili d’olio al padrone? dagliene cinquanta; a un altro: tu devi cento misure di grano? dagliene ottanta. Fece questo per renderseli amici, in modo che – lasciando il posto di amministratore – lo avrebbero accolto nelle loro case.
Il suo operato fu balordo quando sperperò le ricchezze del padrone, fu astuto dopo.
Egli non era stato un amministratore egoista, ma solo balordo, incapace.
Se infatti, avesse arricchito sé stesso, non si sarebbe trovato nella necessità di dover zappare o mendicare per vivere, una volta licenziato: e neppure aveva fatto arricchire i dipendenti, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di farseli amici all’ultimo momento.
Ecco allora: un amministratore balordo che – nel momento della necessità – diventa astuto per ricavarne benefìci materiali.
Lo stesso padrone non si aspettava tanta astuzia in tale amministratore. Perciò non potè fare a meno di elogiare quella improvvisata capacità di procurarsi vantaggi materiali all’ultimo momento! L’avesse usata per amministrare bene le ricchezze del padrone!…
Gesù così ci fà riflettere sull’incapacità e sull’astuzia dell’amministratore, per dirci che anche noi siamo incapaci di amministrare le ricchezze di Dio. Intelligenza, volontà, energie fisiche, tutto viene posto al servizio di fini materiali. Così si sperpera, perché chi non raccoglie con Lui, disperde.
Si consideri come opera la mafia, la camorra, la ’ndrangheta; come sanno tener fede alla parola data, parlare e tacere: rischiare la vita per utili materiali.
Perché allora – chiede Gesù – non diventate almeno una volta altrettanto astuti per raggiungere beni spirituali? E ci dà un consiglio apparentemente strano: «con le ricchezze disoneste, fatevi amici che vi accolgano nelle dimore eterne.
Amici sono i poveri, i rifugia di guerra, i bambini che muoiono di fame, gli orfani, le opere missionarie, la Chiesa… Al momento della nostra morte, ci accompagneranno nelle dimore eterne! Non potendo ricompensarci sulla terra, ci ricompenseranno in cielo.
La ricchezza è disonesta quando è procurata con mezzi disonesti: rubare, uccidere, trascurare gli obblighi familiari e religiosi…
Stampa pornografica, films, spettacoli immorali spingono all’uso errato del sesso, alla violenza, all’uso della droga! Tutto per ottenere «disonesta ricchezza»!
Le ricchezze mal procurate devono essere restituite. Se non è possibile, bisogna fame opere di beneficenza.
Le ricchezze procurate onestamente bisogna usarle non egoisticamente ma per il bene della famiglia e della società.
«È più facile che un cammello prassi per la cruna dell’ago, anziché un ricco entri nel regno dei cieli», come dimostra la parabola del ricco epulone.
Tuttavia, «ciò che non è possibile all’uomo è possibile a Dio».