Riflessione sul Vangelo della III Domenica di Pasqua

“Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho” (Lc 24,39).

Così dice Cristo risorto, stando in mezzo ai suoi apostoli nel cenacolo. Queste sono le parole che ha scritto Luca nel Vangelo, e che la Chiesa legge nella liturgia della III domenica di pasqua. 

I discepoli vivono così un’esperienza particolare di vicinanza con Gesù risorto che coinvolge tutta la persona attraverso l’udito, la vista, il tatto e San Giovanni apostolo ne parla nella sua prima lettera, quando scrive: “Ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato… noi lo annunziamo” (1Gv 1,1-3)!

È da precisare però che nella Bibbia – la modalità per così dire normale – di rivelazione di Dio avviene attraverso l’udito. L’ascolto porta all’obbedienza della fede. «Ascolta Israele!» (Dt 6,4) è il comandamento che fonda la vita del popolo con il suo Dio e che ogni pio ebreo ripete almeno tre volte al giorno, ancora oggi. 

Nel Vangelo di domenica scorsa si è anche parlato di credere alla Parola di Dio ascoltata attraverso la predicazione – quella attuata sotto l’azione dello Spirito Santo –   tali ascoltatori, divenuti credenti, sono stati definiti dal Risorto beati perché hanno creduto senza averlo visto: «Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno!»( lo disse Gesù Risorto, dopo aver concesso a Tommaso di «vederlo»). L’esortazione a credere, senza pretendere di vedere ciò che è nascosto nel mistero di Dio e di Cristo, resta sempre valida; ma la difficoltà dell’apostolo Tommaso ad ammettere la Risurrezione senza avere sperimentato personalmente la presenza di Gesù vivente, e poi il suo cedere dinanzi alle prove fornitegli da Gesù stesso, confermano ciò che risulta dai Vangeli circa la resistenza degli apostoli e dei discepoli ad ammettere la Risurrezione.

La scossa provocata dalla passione e morte di Cristo fu così grande che i discepoli (almeno alcuni tra di loro) inizialmente non credettero alla notizia della risurrezione. In ogni Vangelo ne troviamo le prove. In particolare Luca ci fa sapere che quando le donne, “tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo (ossia il sepolcro vuoto) agli Undici e a tutti gli altri… quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse” (Lc 24,9.11). Anche quando il Risorto “in persona apparve in mezzo a loro e disse: Pace a voi!” essi dubitavano e “credevano di vedere un fantasma”. In quella occasione Gesù stesso dovette vincere i loro dubbi e il loro timore e convincerli che “era Lui”: “Toccatemi e convincetevi: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. E poiché essi “ancora non credevano ed erano stupefatti”, Gesù chiese loro di dargli qualcosa da mangiare e “lo mangiò davanti a loro” (cf. Lc 24,36-43). Li invita a constatare che il Corpo risorto, col quale si presenta a loro, è lo stesso che è stato martoriato e crocifisso. Quel corpo possiede però al tempo stesso nuove proprietà: è “reso spirituale” e “glorificato”, e quindi non è più sottoposto alle limitazioni consuete agli esseri materiali e perciò ad un corpo umano. (Infatti Gesù entra nel Cenacolo malgrado le porte chiuse, appare e sparisce, ecc.). Ma nello stesso tempo quel corpo è autentico e reale. Nella sua identità materiale sta la dimostrazione della Risurrezione di Cristo. La fede dei discepoli nella Risurrezione era nata dunque – sotto l’azione della grazia divina – dalla diretta esperienza della realtà del Cristo risorto che tra l’altro apre la loro mente all’intelligenza delle Scritture sul mistero che lo riguardava dischiudendogli il cuore alla verità e stravolgendogli la loro vita. Ciò dice che la comprensione del mistero è opera dello Spirito Santo ed è grazie a Lui che la Chiesa può predicare il Vangelo con efficacia. Ma lo Spirito è il dono che è frutto della santità della Chiesa. Nella non santità Cristo non si annunzia secondo verità, ma neanche viene compreso secondo verità, perché manca in chi annunzia lo Spirito Santo che deve aprire la mente all’intelligenza del suo mistero. La vera comprensione genera santità, la vera santità genera comprensione e tutto avviene per opera dello Spirito Santo, che la persona porta nel cuore. La predicazione e la testimonianza sono la via primaria per il rinnovamento dell’uomo. Da essa nascono nella comunità vita e morte, dannazione e paradiso; quella ricca di fede e di amore santifica, quella non veritiera, perché non fondata sulla volontà di Dio, conduce alla rovina spirituale e morale. Il risanamento di un popolo e di una città nasce dal retto annunzio, dalla sana predicazione, dalla proclamazione della volontà di Dio conformemente alla santa rivelazione e a tutta la fede della Chiesa.

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