Riflessione sul Vangelo della XVI domenica del Tempo Ordinario
L’insegnamento di Gesù sul Regno dei cieli doveva essere universale – cioè significativo per ogni tempo e ogni luogo – per questo Gesù scelse il genere parabolico non tanto per essere semplice quanto per essere universale.
Nelle parabole tutto è intelligibile per chi ha orecchi per sentire, tutto è oscuro per chi non ha occhi per vedere.
Le parabole sono il genere letterario della libertà, nel senso che la Verità di Dio in essa nascosta non si impone a nessuno, ma è un tesoro che deve essere cercato e desiderato.
In questo senso vanno intese le parole di Gesù quando disse: «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene espresso in parabole, perché “guardino ma non vedano, ascoltino ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato”», come previde il profeta Isaia (6,9s).
Ma che non tutte le parabole venivano comprese, lo dimostra la domanda degli apostoli a Gesù: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Come mai gli apostoli chiedono la spiegazione solo di questa parabola? Hanno capito le altre?
Tutte si rifanno a scene della vita quotidiana: la semina, l’alberello di senapa, il lievito impastato dalla donna.
Ma solo la parabola della zizzania contiene almeno due elementi che non accadono tutti i giorni: il nemico che semina la zizzania, e la logica non ordinaria del padrone che vieta di sradicare la zizzania.
Qui sta racchiuso il «mistero» che gli apostoli chiedono che sia svelato.
È in verità il mistero più grave della vita umana in terra: la coesistenza del bene e del male, e l’apparente impotenza di Dio che non stronca i malfattori.
La logica umana conclude: se Dio può e non vuole, è complice; se non può non è onnipotente.
Gesù garantisce tre cose: il male non viene da Dio ma dal nemico; Dio vuole il bene e aborrisce il male; un giorno renderà giustizia agli operatori del bene col premio, e agli operatori del male con il castigo.
La spiegazione di Gesù contiene una raccomandazione ai buoni: abbiate pazienza e confidate nell’amore e nella giustizia di Dio; e una raccomandazione ai frettolosi: la giustizia sarà fatta non in terra ma in cielo. E contiene anche una consolante rivelazione: certa zizzania di oggi sarà grano buono domani.
Quanti pubblicani e peccatori, quante prostitute, quanti rinnegatoli come Pietro avranno un posto privilegiato nel cielo?
La parabola della zizzania va contro coloro che giudicano e condannano, contro coloro che si scandalizzano del male degli altri, e contro i farisei, che siamo tutti noi!
Gesù parla chiaramente di un «nemico» che semina zizzania, li dove Dio ha seminato il grano buono.
Il nemico è satana e i suoi paladini.
Coloro che hanno accettato di aver pazienza nei riguardi di coloro che oggi sono zizzania e domani grano buono, forse si chiedono perché aver pazienza con satana e perché Dio non distrugge almeno lui.
Gesù non ce l’ha spiegato. Ma ci ha detto che satana non può arrecare nessun danno serio al Regno di Dio, il quale crescerà continuamente fino a divenire un albero grande e fino a fermentare tutta l’umanità.
Con le due parabole del granello di senapa e del lievito, Gesù garantisce che «il nemico» può solo seminare zizzania e nulla più.
Se avesse potuto, satana avrebbe già distrutta la Chiesa nei duemila anni di storia cristiana.
Infatti, la vittoria resta assicurata al seme ed al lievito, perché simboleggiano il Regno di Dio, eterno e universale: il seme divenendo albero si espande e occupa, il lievito trasforma; il seme-albero dà gioia agli uccellini, il lievito dà gusto all’uomo; il seme- albero si riferisce all’espansione geografica del Regno, il lievito alla penetrazione profonda nei cuori.