Riflessione sul Vangelo della II Domenica di Pasqua
Al mattino di Pasqua è Maria di Magdala che si reca al sepolcro e lo trova vuoto, aperto, spalancato; alla sera di quello stesso giorno è lo stesso Gesù, il Risorto che si reca nel luogo dove erano raccolti, rinchiusi, intimoriti i discepoli! Il sepolcro della morte di Gesù è aperto dalla vittoria della Risurrezione, invece, i discepoli sono chiusi nel sepolcro della paura. Il primo luogo è il segno e la speranza della vita che vince, il secondo luogo manifesta il dubbio e lo sconforto della morte che getta nella paura più profonda.
La venuta del Risorto nel cenacolo manifesta l’iniziativa divina che comunica vita e che sola può dare fiducia, coraggio, speranza ai discepoli impauriti, smarriti, insicuri.
Non sono più soli, non devono più temere nulla, non hanno più bisogno di «chiudersi» nel loro sepolcro di dubbi e paure. Il Maestro, il Signore, il Risorto ora è lì con loro. È Lui la loro salvezza! I discepoli ora hanno Lui, risorto e vivo in mezzo a loro. Ma il primo e fondamentale dono della sua risurrezione non è un incoraggiamento personale, non è nemmeno il superamento di afflizioni momentanee o durature, e non soltanto un dono interiore, ma la pace, la sicurezza e la tranquilla fiducia in sé stessi, col prossimo, con Dio. Gesù porta la pace – perché Egli è la pace – e insieme ad essa trasmette ai discepoli timorosi e stupefatti la missione di essere ministri della divina Misericordia. Egli mostra le mani e il costato con impressi i segni della passione e comunica loro la missione che il Padre suo gli ha affidato: «Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi» (Gv 20,21). Subito dopo «alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23).
Gesù, oltre a comunicare il dono dello Spirito Santo e la sua missione, affida ad essi il dono di «rimettere i peccati», dono che scaturisce dalle ferite delle sue mani, dei suoi piedi e soprattutto del suo costato trafitto. Di là un’onda di misericordia si riversa sull’intera umanità.
L’amore del Signore è più forte della morte e del peccato. Esso si rivela e si attua come misericordia nella nostra quotidiana esistenza e sollecita ogni uomo ad avere a sua volta «misericordia» verso il Crocifisso. Non è forse proprio amare Dio e amare il prossimo e persino i «nemici», seguendo l’esempio di Gesù, il programma di vita d’ogni battezzato e della Chiesa tutta intera?
Da pochi anni, la seconda Domenica di Pasqua è stata chiamata anche Domenica della Divina Misericordia, così come l’ha voluta denominare lo stesso Gesù Risorto manifestando questa sua volontà a santa Faustina Kowalska, religiosa polacca incaricata da Gesù stesso a diffondere il messaggio della Divina Misericordia attraverso i suoi scritti.
A santa Faustina Gesù ebbe a dire un giorno: «L’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Divina Misericordia» ( q. 2, 139). La Divina Misericordia! Ecco il dono pasquale che la Chiesa riceve dal Cristo risorto, attraverso cui viene offerta all’umanità un “ultima ancora di salvezza” (Diario, q. 2, 305).
Nel Vangelo di questa domenica si dice che il Signore mostra ai suoi discepoli le sue piaghe gloriose e il suo cuore, fontana inesausta di luce e di verità, di amore e di perdono.
Il Cuore di Cristo, il suo «Sacro Cuore» agli uomini ha dato tutto: la redenzione, la salvezza, la santificazione. Da questo Cuore sovrabbondante di tenerezza santa Faustina Kowalska vide sprigionarsi due fasci di luce che illuminavano il mondo. «I due raggi – secondo quanto lo stesso Gesù ebbe a confidarle – rappresentano il sangue e l’acqua» (Diario, q. 1, 130). Il sangue richiama il sacrificio del Golgota e il mistero dell’Eucaristia, mentre l’acqua, secondo la ricca simbologia dell’evangelista Giovanni, rimanda al battesimo e al dono dello Spirito Santo (cf. Gv 3,5:4,14).
Attraverso il mistero di questo cuore ferito, non cessa di spandersi su tutti gli uomini e sulle donne di ogni epoca il flusso ristoratore dell’amore misericordioso di Dio. Chi anela alla felicità autentica e duratura, solo qui ne può trovare il segreto. Tale amore misericordioso lo si accoglie con il recipiente della fiducia, manifestata dalle parole della preghiera: «Gesù, confido in Te».
«Tu – Gesù Misericordioso – bruci dal desiderio di essere amato, e chi si sintonizza con i sentimenti del tuo cuore apprende ad essere costruttore della nuova civiltà dell’amore. Un semplice atto d’abbandono basta ad infrangere le barriere del buio e della tristezza, del dubbio e della disperazione. I raggi della tua divina misericordia ridanno speranza, in modo speciale, a chi si sente schiacciato dal peso del peccato.
Maria, Madre di Misericordia, fa’ che manteniamo sempre viva questa fiducia nel tuo Figlio, nostro Redentore. Aiutaci anche tu, santa Faustina… insieme a te vogliamo ripetere, fissando il nostro debole sguardo sul volto del divin Salvatore: «Gesù, confido in Te. Oggi e sempre. Amen».
San Giovanni Paolo II