Riflessione sul Vangelo della III Domenica di Pasqua

La mattina del primo giorno dopo il sabato le donne che si recano al sepolcro per completare i riti di sepoltura scoprono la pietra ribaltata e, stante il racconto di Marco, è l’angelo a rincuorarle e a inviarle perché portino il lieto annuncio ai discepoli e a Pietro. Sempre Marco registra l’apparizione del Risorto alla sola Maria di Magdala una delle donne che di buon mattino sono accorse al sepolcro. A lei è Gesù stesso a darsi a conoscere e ad inviarla presso i suoi perché dismettano pianto e lutto. Il racconto è simile in Matteo e in Luca con la variante di un suo apparire alle donne, senza registrare al singolare l’incontro di Gesù con la Maddalena.

In Giovanni, invece, è soltanto lei la protagonista del primo manifestarsi del Risorto. Solo a lei, che sconvolta è corsa a chiamare Pietro e Giovanni ed è con loro ritornata, alla tomba vuota, Gesù si manifesta; solo con lei dialoga; lei sola invia ai discepoli per annunziare la sua risurrezione.

Sappiamo tutto sul mattino di Pasqua. E tanto, veramente tanto, si è scritto e si segue a scrivere sul senso di questo manifestarsi del Signore, soprattutto alle donne. Risalta la premura, la cura del farsi carico del suo corpo. L’esprimere, nei gesti tradizionali e rituali dopo il silenzio del sabato, l’amore che gli hanno portato, ma più ancora la loro condizione di discepole. E discepole sono, anzi «apostole», se è vero che per prime ricevono il comando d’annunciare la sua risurrezione, addirittura ai discepoli e allo stesso Pietro.

Sappiamo invece poco su ciò che accade durante il giorno di Pasqua. Dobbiamo probabilmente pensare che il gruppo dei discepoli viva nell’incertezza del non capire quanto è accaduto. Si mescolano insieme dolore, incredulità, scetticismo. Il dire delle donne, il loro parlare, viene imputato a delirio.

Al calar della sera il racconto evangelico cambia registro. Si passa dall’incertezza e dal dubbio al riconoscimento e perciò alla gioia.

Il racconto di Emmaus ha il suo riscontro in Mc 16,12-13: «… apparve a due di loro sotto un altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna…». Ma, soprattutto ha riscontro teologico in Gv 6 (moltiplicazione dei pani e discorso del pane di vita). Nella versione lucana la sera di quello stesso giorno diventa paradigmatica per la comunità che si raccoglie per celebrare l’Eucaristia. L’episodio di Emmaus la scandisce così come la vive la comunità.

Innanzitutto l’incedere, il camminare, l’andare verso Colui che solo è capace di dar senso alla storia, di svelarne il senso salvifico. Il disagio dei due discepoli, il loro dubbio, il loro metterne in circolo con lo sconosciuto compagno di viaggio il dramma di cui sono stati protagonisti, è per la comunità che si raduna il paradigma del suo stesso cammino verso il manifestarsi del Signore. Ed è la sua parola – affidata alle Scritture – che la comunità ascolta e medita, così come i discepoli hanno fatto lungo la strada che li porta ad Emmaus.

Qualcosa induce i viandanti che ascoltano, pur senza ancora capire, a chiedere al pellegrino di fermarsi con loro. È là nei gesti del Signore Gesù, nelle sue parole, nel benedire e spezzare il pane e consegnarlo ai due – è stato il gesto della cena, dell’ultimo pasto di Gesù con i suoi -, che il Risorto torna a compierlo ancora, quasi a ribadire che è solo Lui a spezzare il pane, ed è Lui stesso il pane offerto quale nutrimento. Non a caso Gesù scompare agli occhi dei discepoli viandanti, proprio quando la sua presenza è altrimenti concretamente significata dal pane che Egli ha per loro spezzato e che ad essi ha offerto in cibo.

L’Eucaristia, memoriale della Pasqua, Pasqua settimanale – la comunità delle origini si raccoglieva solo la domenica per fare Eucaristia – genera la comunità. Rende i credenti tutt’uno con Cristo e tutt’uno tra loro. L’Eucaristia genera la Chiesa, la fede della Chiesa, che dunque è confidata alla celebrazione stessa come annuncio, azione, esperienza concreta del mistero.

Il cammino dei discepoli di Emmaus è il cammino stesso della comunità. Disegna la comunità nel suo autoriconoscimento. Ecco perché riconosciuto Gesù i due invertono la strada e ritornano a Gerusalemme, ossia alla Chiesa che ormai proclama con fermezza il keiygma, l’annuncio pasquale: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».

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