Riflessione sul Vangelo della XIX domenica del Tempo Ordinario
La fede non è mai assicurazione contro le tempeste e gli imprevisti della vita; la fede è avere la certezza che, al di là di ogni imprevisto, anche doloroso chi vince è Gesù Signore.
L’anno liturgico è un cammino che facciamo con Gesù, unitamente a tutta la Chiesa: è un lasciarsi da Lui illuminare e accompagnare per imparare ad affrontare la vita con speranza. Questo infatti è il tema del messaggio di Gesù contenuto nel brano Vangelo di questa Domenica: per tutti la vita non è una passeggiata, ma una traversata da una sponda all’altra, con tutte le incognite che possono sorprenderci. Si tratta di passare dall’infanzia all’età adulta, dal ripiegamento su di sé alla responsabilità, dall’egoismo all’amore, dalla paura alla fiducia, dall’attesa all’impegno. E in tutto questo non si è soli.
Il Vangelo parla di una «barca», che è simbolo della Chiesa, nella quale c’è posto per tutti coloro che accettano di remare insieme nella stessa direzione. Per nessuno è facile: giunge la notte con il vento e le onde alte. È il simbolo delle difficoltà della vita umana, morale e spirituale.
Sì, perché anche nella vita cristiana non tutto è sempre lineare: non mancano i dubbi, le sorprese, le contrarietà, le sconfitte. I Santi parlavano della «notte dello spirito», cioè dello smarrimento interiore, del senso di abbandono da parte di Dio, dell’essere in balìa del cieco destino, del non avvertire il valore positivo di quanto si sta vivendo. Talora, questa sensazione non è solo individuale, ma può riguardare una coppia, una famiglia, o un popolo o una Parrocchia. Tante persone oggi hanno la percezione di vivere questa esperienza di «notte», cioè di agitazione, di insicurezza e di mancanza di prospettive per il domani. L’aumento della depressione, dei segni di isterismo e della violenza, come pure il tuffarsi nel lavoro per evitare di pensare, il rinchiudersi come atteggiamento di autodifesa, l’affidarsi più ai farmaci che alle motivazioni profonde, l’essere paralizzati dal negativo… sono dei segnali inquietanti per tutti.
Quante volte si ha l’impressione di «camminare sulle acque», cioè di vivere la precarietà, di essere sulle sabbie mobili dei condizionamenti esterni, di non avere punti sicuri di appoggio… Questo vale per gli affetti, il lavoro, l’educazione dei figli, le convinzioni di fede, gli ideali. Per non parlare della sofferenza e della morte, rimosse dal sentire comune ma quanto mai presenti. Tutto oggi fa problema: si complicano le cose semplici, cresce la burocrazia, si attenua la luce e ci si abitua alla mediocrità. C’è quasi un muoversi a stento, senza radici, in ordine sparso, andando alla cieca.
Anche la Chiesa si interroga sul come annunciare il Vangelo in un mondo che cambia, poiché avverte che tante esperienze e tradizioni del passato sembrano non essere più riproponibili nella stessa forma.
Il Vangelo è «bella notizia», cioè porta orizzonti nuovi alla vita di ogni giorno. Il cristianesimo non ama i «profeti di sventura», ma privilegia la speranza che nasce dalla certezza che Cristo è il Signore, il Risorto, il Vivente.
È triste leggere che anche gli apostoli hanno considerato Gesù un «fantasma»! Ma questo è talvolta il nostro atteggiamento: prendiamo paura di fronte ai modi con cui Egli si rende presente nella nostra vita: consideriamo belle ma impossibili le sue proposte. Eppure è stupendo questo Cristo che viene incontro a noi, nel buio e ci ripete: «Coraggio, sono io. non temete!». Egli chiede di fidarci di Lui. sempre, anche quando non capiamo o quando si è nella prova, «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». È il perenne rimprovero che Cristo rivolge a ciascuno di noi, alla sua Chiesa.
Cristo è il primo ad essere stato nella tempesta della vita: è stato sommerso dai potenti, dalle calunnie, dal disinteresse della folla, dal tradimento dei discepoli. La sua fiducia l’ha riposta solo nel Padre e non è rimasto deluso. La difficoltà è un’arma a doppio taglio: da una parte può allontanare dal Signore e dall’altra può avvicinare a Lui.
Se le prove le vogliamo affrontare con le nostre sole forze o con la presunzione di farcela da soli, il risultato è il soccombere, l’andare a fondo, il toccare l’abisso. Se invece viene rimesso tutto nel Signore, se si allunga la nostra mano per prendere la Sua, allora si può resistere ed anzi vivere esperienze nuove e trasformare anche il male in occasione di crescita. Questa è la forza della fede.