Riflessione sul Vangelo della III Domenica del T. O. Anno C
Gesù, lo sposo dell’umanità nuova, si presenta iniziando dal suo paese, da quella Nazaret che l’aveva visto bambino, e dai suoi concittadini, quegli uomini e quelle donne con cui aveva condiviso, nella ferialità, le fatiche e le attese, i sogni e le speranze che si nascondono nel cuore.
Ritornando in Galilea, dunque, Gesù andava insegnando «nelle sinagoghe», riscuotendo ovunque applausi e «grandi lodi», eccetto nella sinagoga di Nazaret, sua patria.
A Nazaret, nella piccola sinagoga del villaggio, nel giorno del Signore, legge il profeta Isaia che annuncia i tempi messianici.
Non scelse Lui il rotolo da leggere, ma, come nota Luca, «gli fu dato il rotolo del profeta Isaia».
Gesù pratica un vero e proprio sorteggio, poiché – dice Luca – «aperto il rotolo, trovò il passo dove era scritto». Non lo cercò, ma gli si presentò. Il brano trovato era: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista: per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore».
Dopo la lettura, Gesù arrotola il volume, lo restituisce all’inserviente, e si sedette, come ogni Rabbino che abbia qualcosa di importante da dire.
Gesù vede gli occhi della gente fissi su di sé. Poteva dire: «Oggi questa scrittura si è adempiuta davanti ai vostri occhi», e invece parla di orecchie. Un attore si sarebbe compiaciuto molto di essere guardato e ammirato. Ma a Gesù – comunicatore della verità di Dio – interessa che il suo messaggio giunga attraverso le orecchie fino al cuore, poiché la fede nasce dall’ascolto, non dalle “visioni”.
I nazaretani, invece, lo fissano perché vogliono «vedere», come il loro re Erode voleva «vedere» qualche magia operata da Gesù. Gesù compie miracoli non per soddisfare gli occhi ma raggiungere il cuore, se però si apre accogliendo la sua Parola.
Il messaggio letto da Gesù comprende due parti: la prima si adempì «negli occhi» del Battista non molti giorni prima: «Lo Spirito del Signore è sopra di me». Difatti, il Battista riconobbe Gesù perché (ascoltando e non vedendo) Dio gli aveva detto: «Colui sul quale ‘vedrai’ scendere e rimanere lo Spirito, Egli battezza nello Spirito Santo»; il Battista attestò: «ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
«Oggi», nella sinagoga, si adempirono tutte le parole della seconda parte del messaggio – non colte dalle «orecchie» dei nazaretani – sono quelle parole che si erano verificate «oggi», nella sinagoga: Gesù liberava in quel momento i suoi compaesani dalla oppressione della legge e del peccato. Colui che essi fissavano con gli occhi, era il liberatore e guaritore predetto dal profeta Isaia, nella versione proposta alle loro orecchie.
È il caso di ricordare: «Chi ha orecchi da intendere intenda». Ma i nazaretani non vogliono ascoltare, ma «vedere» i miracoli, e per questo non accoglieranno il Messia.
C’è ancora da chiedersi: se Gesù «era solito» andare alla sinagoga di Sabato, perché solo «oggi» si sono adempiute le parole del profeta? Perché solo in quell’«oggi» poté dire: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato». Era infatti appena tornato dall’incontro col Battista – come detto sopra – e si era portato in Galilea spinto dalla «potenza dello Spirito», come precisa Luca.
Gesù è profeta del Dio vivente, è il perfetto conoscitore della volontà attuale di Dio e sa che proprio oggi il Signore gli ha comandato di rivelare la sua identità; non solo di svelarla, ma anche di iniziare a compiere l’opera della liberazione dell’uomo da ogni schiavitù spirituale e morale. Sarebbe dovuto bastare questo segno di verità per credere in ciò che Gesù ha rivelato e proclamarlo profeta del Dio vivente. Questo non è avvenuto a causa della chiusura di tutto un popolo alla accettazione della volontà di Dio che si compiva nella loro storia.
Oggi non abbiamo la viva voce di Gesù, ma il Vangelo che proclamiamo conserva la stessa forza e bellezza in chi, aperte le porte allo Spirito, fa vincere Dio arrendendosi alla sua misericordia, alla sua pace, al suo perdono per avere quella liberazione interiore da ogni forma di male, che amareggia la vita presente, perciò, apriamo le porte del cuore a Cristo e alla sua Parola di vita eterna!