Riflessione al vangelo della XXXIII Domenica del T. O. Anno B
Si conclude con questa domenica la lettura del Vangelo di Marco. Il brano proposto per la liturgia della parola è una sezione del discorso «escatologico», cioè riguardante la fine o meglio il compimento della storia umana. Il cuore di questo discorso è l’annuncio della venuta del Figlio dell’uomo per riunire tutti gli eletti.
Sconvolgimenti cosmici e ritorno di Gesù. Imparare dal fico. «Le mie parole non passeranno». Ma nessuno sa il giorno e l’ora della fine.
La fine del mondo!… Quando avverrà? come sarà?
Circa il «quando», ancora oggi ci sono gruppi di pseudo-biblisti, aderenti a sétte lontane dalla Chiesa – come ad esempio i Testimoni di Geova – che pretendono di calcolare il tempo e l’ora della fine del mondo, praticando un vero terrorismo psicologico. Gesù disse chiaramente: «Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre», .
Parole chiare per la Chiesa Cattolica, che rifugge da ogni strumentalizzazione della Bibbia; parole dimenticate da chi pretende di sottoporre la Bibbia alle proprie caparbie convinzioni per schiavizzare le anime semplici!
Durante il suo viaggio verso Gerusalemme, Gesù istruisce i suoi discepoli circa il suo destino di Figlio dell’uomo umiliato e ucciso dagli uomini, ma riabilitato da Dio e stabilito nel ruolo di giudice universale. In tale contesto Gesù annuncia anche la venuta del Figlio dell’uomo «nella gloria del Padre suo con gli angeli Santi».
Nell’interrogatorio davanti al sinedrio, alla domanda del sommo sacerdote se Egli è il Cristo, il Figlio di Dio benedetto, Gesù risponde: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza e venire con le nubi del cielo». Nel discorso escatologico Egli conferma queste parole profetiche sulla venuta del Figlio dell’uomo. La novità ora riguarda l’invio degli angeli e la convocazione «dei suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo».
Le parole profetiche di Gesù sulla fine del mondo e il compimento della storia non intendono soddisfare la curiosità di chi vorrebbe controllare il proprio futuro o quello degli altri. Gesù invece si preoccupa di sostenere la fiducia e la fedeltà dei discepoli nel tempo che li separa dagli eventi escatologici. Essi devono vivere questo tempo nell’attesa della sua venuta. Perciò i segni che Egli ha indicato sono quelli che preludono l’irrompere di un evento gioioso. Questo è il significato della piccola parabola del fico: «Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte».
La seconda serie di esortazioni prende lo spunto dall’ultima frase dove si dice che «Egli è vicino, alle porte». Non si tratta di un’informazione cronologica da trascrivere in una specie di calendario apocalittico, ma di un invito alla fiducia, dal momento che il Figlio dell’uomo «è vicino». Questo linguaggio spazio-temporale si potrebbe trasporre in questi termini: «state certi che Egli verrà!». Se né ha una conferma nella parola introdotta da una formula di rassicurazione: «In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». In breve, l’unica cosa certa e sicura, anche nel totale sconvolgimento della creazione, è la parola-promessa di Gesù.
Per togliere ogni appiglio alle speculazioni di marca apocalittica Gesù aggiunge ancora una precisazione sul tempo della sua venuta: «Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre». Detto altrimenti: l’iniziativa circa l’evento salvifico finale è riservata unicamente a Dio, il Padre, di fronte al quale Gesù si presenta come «il Figlio», cioè il protagonista del giudizio e il mediatore della salvezza universale.
Non possiamo nasconderci – tuttavia – che il giudizio finale sarà tremendo per i nemici di Cristo, che saranno «messi sotto i suoi piedi».
Ma noi non vogliamo essere nemici, bensì amici di Cristo.
La fine del mondo è l’epilogo della storia universale e della storia di ciascun uomo. Quella fine ratificherà tutte le nostre scelte e le renderà immutabili per sempre.