Riflessione sul Vangelo della XVII Domenica del T. O.

Per ben cinque domeniche, a incominciare da questa, XVII del Tempo Ordinario, interrompendo la lettura del vangelo di Marco, rifletteremo sul capitolo 6° di Giovanni, che contiene il discorso di Gesù sulla Eucaristia, preceduto dal racconto della moltiplicazione dei pani che con esso ha una precisa connessione. 

Gesù vuole dare da mangiare ad una folla di oltre cinquemila uomini, che l’ha seguito e lo ha ascoltato, ma che ora ha fame. Un’impresa impossibile umanamente parlando: non ci sono i soldi, non c’è possibilità di comprarne in un luogo lontano dall’abitato; c’è solo un ragazzo che, gioiosamente e generosamente, mette a disposizione di Gesù cinque pani d’orzo. 

E Gesù, scrive Giovanni, «prese i pani, rese grazie, lo spezzò e lo diede», tramite gli apostoli, a tutti quelli che si erano seduti.

Queste parole sono le stesse di quelle con cui gli evangelisti ci narrano l’istituzione della santa Eucaristia. «Il pane che io vi darò – dirà fra poco Gesù – è la mia carne per la vita del mondo». Ebbene, il pane moltiplicato richiama il pane eucaristico che si moltiplica non solo tra le mani di Gesù, ma Lui stesso (da Risorto dalla morte) continuerà a moltiplicarlo attraverso le mani dei suoi ministri: i sacerdoti della Nuova ed eterna Alleanza. Gesù per donare a tutti da mangiare la sua carne, ha voluto rendersi sacramentalmente presente appunto sotto i segni del pane e del vino. 

Il pane e il vino consacrati sono il Corpo e il Sangue di Cristo; del pane e del vino restano solo le apparenze: la quantità e il sapore. Ebbene, spezzando le apparenze di pane del pane consacrato, o dividendo il vino consacrato, a tutti viene dato Cristo, e tutto Cristo. 

Ma il motivo per cui Cristo che si moltiplica nel tempo e nello spazio attraverso la consacrazione del pane e del vino sulle mense di tutte le Chiese sparse sulla terra è perché vuole saziare per sempre la fame del cuore di ogni uomo e di ogni donna: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Gv 6,33). 

E l’uomo, specialmente quello contemporaneo, ha tanta fame: fame di verità, di giustizia, di amore, di pace, di bellezza; ma, soprattutto, fame di Dio. È Lui, il Padre celeste, che ci dona il vero pane! Questo pane, di cui abbiamo bisogno, è anzitutto il Cristo, il quale si dona a noi nei segni sacramentali dell’Eucaristia. 

Con il sacramento del pane eucaristico viene rappresentata e prodotta l’unità dei fedeli, che costituiscono un solo Corpo in Cristo. Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo che è luce del mondo; da Lui veniamo, per Lui viviamo, a Lui siamo diretti. 

Il pane di cui abbiamo bisogno è, inoltre, la Parola di Dio, perché “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Mt 4,4; cf. Dt 8,3). Indubbiamente, anche gli uomini possono esprimere e pronunciare parole di alto valore. Ma la storia ci mostra come le parole degli uomini siano talvolta insufficienti, ambigue, deludenti, tendenziose; mentre la Parola di Dio è piena di verità  di vita; è retta e stabile e rimane in eterno (cf. Sal 119,89; 1Pt 1,25). 

Dobbiamo metterci continuamente in ascolto di tale Parola; assumerla come criterio del nostro modo di pensare e di agire; conoscerla, mediante l’assidua lettura e la personale meditazione; ma, specialmente, dobbiamo farla nostra, realizzarla, giorno dopo giorno, in ogni nostro comportamento. 

Il pane, infine, di cui abbiamo bisogno, è la grazia; e dobbiamo invocarla, chiederla con sincera umiltà e con instancabile costanza, ben sapendo che essa è quanto di più prezioso possiamo possedere.

Il cammino della nostra vita, tracciatoci dall’amore provvidenziale di Dio, è misterioso, talvolta umanamente incomprensibile, e quasi sempre duro e difficile. 

Ma il Padre ci dona il “pane del cielo” (cf. Gv 6,32), per essere rinfrancati nel nostro pellegrinaggio sulla terra per raggiungere nella piena maturità dello spirito la salvezza eterna.

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