Riflessione sulla solennità dell’Immacolata
Gesù, venendo nel mondo, viene attraverso il cuore (la fede) e il corpo (il servizio) della donna scelta per essere sua madre: Maria di Nazaret.
Lei, salutata dall’angelo «piena di grazia», nell’obbedienza della fede, offre sé stessa, il suo corpo, il suo presente, il suo futuro, perché le attese messianiche si compiano e Dio ponga la sua tenda tra noi: sia per sempre l’Emmanuele. Ma se la Santa Vergine da parte sua obbedisce, Dio ha voluto che fosse preservata da ogni peccato, anche da quello originale: lei è veramente l’Immacolata.
Come lei deve essere la Chiesa, della quale l’Immacolata è Madre; come lei dobbiamo diventare noi, figli della Chiesa e figli suoi.
Ed per questo che le letture di questa solennità sono dominate dal tema della grazia e del disegno di salvezza che Dio ha approntato fin dall’inizio della storia umana.
La lettera agli Efesini riassume mirabilmente questo piano salvifico: in Cristo siamo da sempre eredi e predestinati secondo il piano di Dio, per essere lode della sua gloria. Il racconto della caduta dei progenitori con tiene la promessa della salvezza. Il Vangelo dell’annunciazione rivela il culmine di questo piano: la venuta dell’Emmanuele, Dio-con-noi, realizza attraverso la disponibilità umile e generosa di Maria – la piena di grazia – ciò che Dio aveva preparato fin dall’inizio
Tutto questo si annuncia nel mistero della storia umana: la promessa non esime però l’uomo – e ognuno di noi – dal dovere di assumersi le proprie responsabilità. «Porrò inimicizia tra te e la donna»: la lotta tra male e bene non ci viene risparmiata, ma non siamo abbandonati al caso o alle sole nostre forze. La figura di Maria, modello del credente, è esemplare: tutto avviene in lei per iniziativa dell’Altissimo, eppure nulla avviene senza il suo “Si”.
Potrebbe sembrare irrispettoso paragonarci a Maria, soprattutto nella sua unica e singolarissima grazia di elezione, quella di essere stata preservata dal peccato originale. Eppure è San Paolo che ce lo suggerisce nella seconda lettura, quando, rivolgendosi agli Efesini, ricorda che siamo stati benedetti da Dio nei cieli in Cristo e che «in Lui (Dio) ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,4-5). Questo destino è riservato ad ogni cristiano! Ecco così, che «quello che per Maria è stato un punto di partenza, per tutti gli uomini diventa la meta» (San Giovanni Paolo Il).
Essere immacolati è per il cristiano l’impegno fondamentale della sua vita. Per questo San Paolo esorta i Filippesi: «siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo ad una generazione perversa e degenere» (Fil 2,15). È l’impegno a mantenere pura la veste bianca ricevuta con il battesimo, a portarla «senza macchia per la vita eterna».
Si tratta di una purezza e irreprensibilità da testimoniare davanti al mondo, ad un mondo ostile, perverso e degenere, incapace di vedere e riconoscere la bellezza di una vita vissuta per Dio e per la sua gloria. E spesso tale testimonianza culmina con il martirio. Ma si tratta anche di una purezza che ci consente di stare davanti a Dio, al suo cospetto; «anche voi un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, ma ora Egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo dì carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto» (Col 1,21-22).
A questo tipo di purezza vuole condurre la solennità dell’Immacolata, a contemplare Maria Immacolata e – nello stesso tempo – interrogarsi sulla propria purezza e santità. È opportuno, perciò chiedersi: come sto vivendo i miei giorni? Nella ricerca solo delle bellezze esteriori, dal look al fitness, che richiedono un dispendio di energie e di tempo esagerati anche per mantenersi aggiornati, o anche e soprattutto nella ricerca della bellezza interiore che Dio vuole ripristinare in me affinché risplenda sul mio volto il volto di Cristo?
La solennità dell’Immacolata ci dà la possibilità di riflettere sul fatto che essere immacolati è un dono di Dio, è un evento di grazia e di elezione che precede ogni nostro sforzo ascetico.
Il vangelo di Luca che riporta il dialogo di Maria con l’angelo Gabriele (Lc 1,26-38). L’angelo si rivolge alla Vergine con un saluto, un appellativo e una benedizione: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
L’appellativo usato dall’angelo è soprattutto quasi un nuovo nome di Maria, kecharitomene, piena di grazia. Il termine deriva dal verbo charitò, ché troviamo nella Bibbia solo altre tre volte (Sir 9,8; 18,17; Ef 1,6), e significa trasformare qualcuno con la charis rendendolo amabile, attraente, affascinante. È la grazia di Dio, quella di cui parla anche Paolo nel suo inno: « lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto» (Ef1,6); è questa grazia che ci rende amabili, ben accetti agli occhi di Dio. L’amore misericordioso e gratuito di Dio, la charis, è all’origine della scelta di Maria. L’angelo lo annuncia come prerequisito del messaggio stesso, la maternità divina della vergine. Essa è stata abbracciata da quest’amore straordinario di Dio, è stata avvolta totalmente sin dall’origine, dalla sua nascita, è stata preservata sin dal concepimento. Questo «favore» di Dio ha sin dall’inizio preparato Maria alla sua sorprendente maternità. Ecco perché Maria resta turbata da tale saluto. Esso le rivela il suo vero essere e il suo destino.
E c’è di più. In questo brano si vede chiaramente che la grazia di Dio è Dio stesso presente in modo ineffabile e travolgente nella sua creatura, ecco perché il saluto e l’appellativo dell’angelo sono seguiti da una benedizione: «il Signore è con te». Spesso siamo portati a pensare alla grazia come a «qualcosa» che Dio mette in noi, ad una specie di nuova virtù o energia spirituale; in realtà Dio mette in noi Sé stesso, la sua vita, e in Maria questo lo si vede in modo eclatante: Dio pone nel suo seno il suo Figlio, il Dio Incarnato. Ma Dio aspetta il consenso della sua creatura. Il “Sì” di Maria. La grazia esige la libertà per essere attiva ed efficace.
Maria è immagine della Chiesa che alla fine dei tempi sarà presentata al cospetto di Dio santa e immacolata, come dice più avanti la stessa Lettera agli Efesini (cf. 5,27). Essa è la profezia della Chiesa, il frutto maturo, il compimento dell’alleanza sponsale che Cristo ha stipulato con l’umanità. Ecco allora che tutto quello che è accaduto in Maria deve accadere anche in noi. In qualche modo anche noi siamo chiamati, nel nostro piccolo, a sperimentare questo incontro con l’angelo. Il messaggero di Dio ci rivela la nostra vera natura, quella di essere creature amate da Dio di un amore unico e incomprensibilmente grande. Senza quest’incontro ogni nostro sforzo è un tentativo di autopurificazione, un ascetismo frustrante e inconcludente, una nuova forma di orgoglio spirituale, di auto-giustificazione.
In questo giorno dedicato a Maria Immacolata accogliamo il messaggio dell’angelo, crediamolo vero per noi, per quanto sorprendente possa sembrarci. Sappiamo interrogarci sul mistero, come ha fatto Maria, ma sappiamo anche abbandonarci ad esso come lei ha saputo fare.