Domenica delle Palme
In questa domenica il Vangelo propone il racconto della passione di Gesù con quadri molto semplici: cenacolo, orto, palazzo di Caifa, Palazzo di Pilato, Golgota….
In questi momenti e luoghi della passione di Cristo l’evangelista Matteo inserisce due intermezzi dove i protagonisti sono Pietro e Giuda.
Pietro crede di essere abbastanza forte per stare al fianco a Gesù come lo scudiero accanto al capitano. Poi capitola di fronte a una donnetta e tradisce Gesù rinnegandolo tre volte.
Ma, poi, pentendosi pianse amaramente!
È un intermezzo importante per noi, perché c’insegna a diffidare di noi stessi e a porre la nostra fiducia solo nel Signore. E c’insegna a piangere i nostri tradimenti.
L’intermezzo di Giuda che tradisce e s’impicca ci insegna che è giusto considerare enorme il peccato. Ogni peccatore meriterebbe la fine di Giuda. Tuttavia Dio non vuole la morte del peccatore, ma che ci si converta e si viva.
Matteo intercala due altri intermezzi, quello di Barabba e quello della moglie di Pilato.
Barabba è il «malfattore» preferito al «Santo di Dio», come persino satana definì Gesù.
Che cosa abbia indotto il popolo a questa mostruosità, è un mistero, ma è anche ciò che capita ogni giorno in mezzo a noi: i buoni vengono rigettati, i meno buoni sono premiati.
Quanto alla moglie di Pilato, che sogna i sogni di Dio, essa rappresenta la coscienza o il subconscio di ogni creatura umana, e in primo luogo di Pilato.
Quante volte l’istinto, il cuore, hanno delle ragioni che la ragione non ha.
Per ragione intendiamo anche la «ragion di Stato» e cosette simili!
Il Vangelo parla anche di un solo Cireneo, Simone, che prese su di sé la croce di Gesù. Ma anche Gesù è il Cireneo che porta la croce che dovevamo portare noi.
La croce appartiene a Gesù perché l’ha scelta, ma essa è nostra per giustizia, quella divina, che punisce il peccato.
Il Cireneo prese per un tratto la croce, ma al momento culminante la depose, e Gesù vi fu inchiodato sopra.
Così facciamo noi, sempre; anche quando accettiamo la croce per un poco, poi la scansiamo, ed è sempre Gesù che, ancora continua a morire al nostro posto sulla croce!
Il Calvario richiama il Tabor: qui si accese la luce posta sul monte, sul Golgota si spense. Sul Tabor Gesù risplende di luce soprannaturale perché Egli è il Dio della luce. Con Lui conversano Mosè ed Elia circa la sua «dipartita», che può significare sia la sua morte che la sua ascensione al cielo.
Dopo la sua epifania di luce e il suo colloquio coi due profeti, Gesù scende dal Tabor guardando al Golgota.
Anche l’Ararat è richiamato dal Golgota: qui si salvò la stirpe umana, sul Golgota anche. Sulle alture dell’Ararat si posò l’Arca di Noè contenente la sua famiglia e le coppie di animali. È tutto ciò che si salvò dopo il diluvio «universale». L’episodio biblico è figura di ciò che avvenne sul Golgota: la salvezza dell’umanità attraverso l’arca del Corpo di Cristo che, elevato da terra, attirò «tutti» a sé.
Il Golgota richiama senz’altro il Sinai: qui Dio diede all’uomo la Legge, sul Golgota Gesù ci dà la Grazia e la Verità. Il Sinai è figura del Golgota, ma qui Gesù supera i precetti della Legge basata sui divieti, per proporre la nuova Legge dell’amore gratuito e del dono totale di sé fino all’ultimo sacrificio. «Chi vuole essere mio discepolo, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua». Ecco la Grazia, ecco la Verità.
Guardando la Croce non possiamo certo dire che Dio si sia sottratto al dolore più straziante, alla sofferenza più atroce, alla persecuzione del potere delle tenebre e alla morte più spaventosa. Sì, guardando la croce sparirà ogni domanda.
Solo il silenzio dell’adorazione può contemplare con timore e tremore questo altissimo mistero di dolore e d’Amore. Dal messaggio della celebrazione della Palme proviene anche un altro invito a evitare di cadere nello stesso errore della folla di Gerusalemme. Se si vuole andare incontro al Signore occorre andare con un atteggiamento sincero e coerente, che parta dal profondo del cuore e che cambi la vita di ogni giorno nella piena adesione al suo insegnamento. E per questo urge svestirsi dei vari paludamenti e sovrastrutture di falsa e vana grandezza deponendo tutto ai suoi piedi ogni miseria e piccolezza, ogni insicurezza, povertà, peccato e miseria confidando pienamente in Lui perché il Signore ci passi sopra e ci aiuti a rigettare i segni esteriori della nostra presunta potenza, della nostra presunta sicurezza. Infatti, quando con il Signore e con la nostra coscienza non agiamo con verità e sincerità, allora succederà ancora che – per la boria e superbia – si passerà dall’Osanna della domenica delle Palme al Crucifige del Venerdì santo!