Riflessione sul vangelo della III Domenica di Pasqua Anno C
Gesù è risorto e apparendo per prima a Maria di Magdala dice: «Và dai miei fratelli (gli apostoli) e dì loro: io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17).
Ebbene, Gesù risorge nella sua umanità e sale a Dio suo Padre, a Dio Padre, suo Dio. Padre e Dio. Che vuol dire?
Il Figlio di Dio «si è fatto carne», uomo come noi: lo chiamiamo, in quanto tale, Gesù Cristo.
Gesù Cristo è Dio come il Padre e non cessa di essere, in quanto tale, una sola cosa con Lui; Gesù Cristo è uomo come noi: vive sulla terra 33 anni, muore come tutti gli uomini, ma risorge: risorto va ad abitare presso il Padre, non solo come Dio, ma anche come uomo. Diciamo «abitare presso il Padre» con linguaggio umano, poiché non possiamo esprimere a parole le realtà soprannaturali del paradiso.
Ma è certo che dove è Gesù e saremo anche noi, se viviamo e moriamo nella sua grazia. Il vangelo ci descrive, anche il conferimento, da parte di Gesù, di una missione a Simon Pietro di capitale importanza per la Chiesa, da Lui voluta e fondata.
Sino a quando Gesù visse sulla terra, punto di riferimento fu evidentemente Lui: bisognava credere in Lui e a Lui. Ma una volta risorto e tornato al Padre, chi sarà il punto di riferimento per conoscere e professare i contenuti della fede, ossia le verità da Lui rivelate in modo certo e definito, al fine di ottenere la salvezza? Punto di riferimento è un uomo: Pietro; e lo attesta la Bibbia, e lo conferma la storia bimillenaria della Chiesa.
Leggendo gli evangeli, appare evidente il posto specialissimo che Gesù riserva a Pietro nel collegio apostolico.
Negli elenchi degli apostoli è sempre nominato per primo: «primo Simone detto Pietro», scrive Matteo (10,2) dandoci l’elenco ufficiale degli apostoli.
Gesù sale sulla barca di Pietro per insegnare, abita nella sua casa, paga il tributo per Sé e per lui.
Pietro esprime la fede del collegio apostolico: a Cesarea di Filippo: «tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»; a Cafarnao; dopo il discorso sull’Eucaristia: «Signore da chi andremo: tu solo hai parole di vita eterna».
Gesù gli cambia il nome: da Simone a Kefa, ossia roccia visibile su cui fonda la sua Chiesa.
È l’unico che non può perdere la fede, poiché Gesù nel cenacolo, dopo aver predetto che proprio lui lo avrebbe rinnegato tre volte, aggiunge: «ma io ho pregato per te, affinché non venga meno la tua fede; e tu, ravveduto che sia, conferma i tuoi fratelli».
E nel vangelo di questa domenica non è forse Pietro al centro degli interessi del Signore Gesù risorto?
Gli apostoli sono assieme a Simon Pietro e salgono sulla sua barca per andare a pescare. È Pietro che rimette le reti in mare, secondo il comando di Gesù. È lui che, dopo avere riconosciuto Gesù che stava per arrostire del pesce, risale sulla barca e trae a terra i 153 grossi pesci.
E nel segno del miracolo sentono la presenza del Signore, del Risorto che non abbandona i suoi discepoli ma sempre li accompagna nel loro cammino di vita e di fede.
Le reti sono piene e non si spezzano, i cuori sono ripieni di gioia e di meraviglia e reggono l’impatto di un incontro non programmato eppure atteso, non ottenuto ma ricevuto come dono. E l’incontro avviene in modo eucaristico: nel pane spezzato e condiviso tra Gesù e i discepoli.
E quand’ebbero mangiato, Gesù, dopo aver chiesto per ben tre volte a Pietro: «mi ami?» e averne avuta risposta positiva: «tu lo sai che io ti amo», lo fa pastore visibile della Chiesa, dicendogli: «pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle». Non solo, ma poi lo rende partecipe della redenzione da Lui operata, predicendogli che anch’egli sarebbe stato crocifisso: sul colle del Calvario Gesù, sul colle Vaticano Pietro.
Gli apostoli – come ogni credente in Cristo Signore -, quindi, sanno che sofferenza e persecuzioni, maltrattamenti ed emarginazione, non sono più angoscianti per chi ama Cristo: infatti, li uniscono a Lui sofferente e li rendono partecipi della sua gloria.