Riflessione sul Vangelo della IV Domenica del T. O. Anno C
Luca continua a narrare il risultato del primo annuncio di Gesù ai suoi compaesani. I nazaretani commettono almeno tre errori: – il primo è stato rilevato da noi domenica scorsa, e consiste nel mancato «ascolto» della Parola di Gesù, «preferendo vedere» i miracoli. Osserviamo come questo errore li lasciò nella loro miseria, e come Gesù non poté operare nessun miracolo a causa della loro incredulità. A loro doveva bastare la testimonianza giunta da Cafarnao e da tutta la Galilea, circa i poteri taumaturgici del «figlio del carpentiere», e dovevano bastare le «parole di grazia» uscite dalla bocca di Gesù. Come i profeti non sono creduti perché sono per definizione «annunciatori della Parola di Dio», più che operatori di prodigi, così Gesù. Gesù dirà un giorno: «Beati coloro che crederanno (sulla parola). E mentre i suoi concittadini insistono nel vedere un segno, una dimostrazione della verità delle sue parole, Gesù vuole però che si creda alla sua Parola e si creda da subito, senza alcuna dimostrazione, senza pretese di vedere segni e prodigi. Dio dona sempre i segni che accompagnano la fede, ma dona i segni della fede, non i segni della mondanità dell’uomo. La fede si crea sulla base della sola Parola. Il segno viene dopo la fede, non prima; fondare la fede sul segno e non sulla Parola non è la via santa perché si possa perseverare sino alla fine. Se manca la fede nella Parola, la fede fondata sul segno svanirà non appena svanisce il segno, o non si ha più bisogno di esso. Gesù ha visto tutto questo e per questa sorda incredulità ha provato tristezza nel suo cuore, iniziando il cammino della croce proprio dalla sua città.
Il secondo errore è il giudizio contraddittorio sulla persona di Gesù: da una parte è il figlio del falegname, dall’altra è l’uomo prestigioso di cui si parla anche fuori di Nazaret.
Questo errore lo ritroviamo in tutta la storia cristiana: per alcuni Gesù è solo un uomo, un pover uomo e persino un pazzo. Per altri è Dio, ma un Dio «parentale», come appare dal terzo errore dei nazaretani.
Il loro terzo errore, infatti, consiste nel volersi appropriare del «compaesano» Gesù: «quello che abbiamo udito che hai fatto a Cafarnao, fallo anche qui nella tua patria».
Cafarnao contro Nazaret! Estero contro patria! Campanile contro campanile!
Questo errore fu rilevato da Gesù stesso, il quale riferì – in risposta – due esempi di interventi di Dio a vantaggio di «stranieri»: la vedova di Sidone (è beneficata perché con grande generosità accoglie il profeta Elia) e Naaman di Siria (un capitano lebbroso, è guarito perché ascolta il profeta Eliseo).
Gesù con questi due fatti clamorosi della storia del popolo di Israele ha voluto ribadire che Dio non è un giocoliere, ma opera i prodigi secondo i principi della sua infinita sapienza e bontà.
All’udire le parole di Gesù, «tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma Egli, passando in mezzo a loro, se ne andò».
I più grandi maltrattamenti Gesù li ebbe a Nazaret e a Gerusalemme, rispettivamente patria dell’Uomo-Gesù e di Dio-Gesù, poiché Gerusalemme è l’immagine della città celeste.
A Nazaret come a Gerusalemme, l’Uomo-Dio viene «cacciato fuori» per essere ucciso.
A Nazaret viene cacciato l’uomo, il figlio del falegname; a Gerusalemme il Figlio di Dio. Due vette si richiamano a vicenda: il ciglio di Nazaret e la cima del Golgota. La prima fu l’inizio, la seconda la fine dell’odio verso Colui che era venuto a proclamare la «liberazione» del genere umano.
All’insidia dei nazaretani Gesù sfuggì «passando in mezzo a loro», perché era appena iniziata la sua «ora». Alla cattura dei gerosolomitani poteva sfuggire quando fece cadere per terra i soldati nell’orto, ma non lo fece, perché era giunta la sua ora, o meglio la loro, l’«ora delle tenebre».
A ogni battezzato viene così ribadito che per la fede ricevuta è anch’egli consacrato da Dio e inviato, conscio che la fede non è tranquillo possesso del Regno di Dio, né una sorta di polizza di assicurazione sulla vita, ma è lievito nella pasta, sale della terra, luce del mondo che in controtendenza vive la lotta contro le tenebre del peccato e della morte.