Riflessione sul vangelo della V Domenica di Pasqua Anno C

Nell’A.T. Dio aveva dato due precetti sull’amore: il primo nel libro del Deuteronomio: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze» (6,5); il secondo nel libro del Levitico: «amerai il prossimo tuo come te stesso» (19,17).

Due precetti distinti e separati, scritti in due libri diversi del Penta­teuco.

Gesù interviene fortemente, dando ad essi una ulteriore perfezione. Possiamo affermare che nessun punto della Sacra Scrittura è stato così rinnovato da Gesù come il precetto dell’amore di Dio e del prossimo. E, durante l’ultima cena, Gesù, senza nemmeno nominare il precetto dell’amore verso Dio, si sofferma di nuovo su quello dell’amore verso gli uomini; e lo dichiara «nuovo». Non bastò averlo dichiarato «simile» al primo.

In che consiste la novità? Gesù dice: «come Io vi ho amato, così ama­tevi gli uni gli altri». Il comandamento è nuovo perché nuovo è il modo in cui bisogna amare, cioè come Cristo che ama di un amore diverso da quello naturale.

La madre ama naturalmente i suoi figli e l’amico il proprio amico (fìlìa) e l’uomo la sua donna (eros). Ma questo è amore naturale, istintivo, non ancora amore evangelico, che invece è agàpe, amore di donazione, amore gratuito offerto per amore di Dio.

Il precetto dell’A.T., benché proveniente dall’alto, rifletteva tipica­mente l’ordine naturale. Fu dato solo per motivi pedagogici, in attesa del suo perfezionamento. L’amore cristiano supera l’amore naturale. Per questo è oggetto di un comandamento, e per questo il comandamento di Gesù è «nuovo», in quanto non equivale più a quello dell’A.T.

Esso richiede un impegno superiore e una forza nuova, dono dello Spirito Santo. Richiede una rinascita interiore e una fede tale, che ci faccia riconoscere come figli di Dio. L’amore cristiano supera tanto la filantropia (cioè amore naturale del prossimo), quanto il cielo supera la terra.

Nell’A.T. il precetto dell’amore del prossimo non includeva anche i nemici e non si spingeva ad amare il prossimo fino a donare la propria vita. Vigeva la legge del taglione: «occhio per occhio, dente per dente». Gesù l’abolisce. Amare solo chi ci fa del bene è da pagani.

Cristo amò con un amore che lo rese affascinante. L’amore del cuore dell’Uomo-Dio traspariva dai suoi occhi, risuonava nelle sue parole, era scandito dai gesti delle mani, delle braccia…! Gesù parlava con amore, guardava con amore, camminava con amore… Ricordiamo qualche episodio:

Gesù passa sulla spiaggia, guarda i pescatori, li chiama: «Venite con me, vi farò pescatori di uomini», e quelli lasciano tutto e lo seguono. .

Gesù predica con la sua voce forte e penetrante; una donna grida dalla folla, «beata quella madre che ti ha fatto». Alcuni soldati restano come ipnotizzati nell’ascoltarlo.

Gesù ama perché conosce. Il suo amore non è basato sull’istinto ma sulla conoscenza e sulla stima di ciascuna persona. «Io co­nosco le mie pecorelle e le mie pecorelle conoscono me». «Non vi ho chiamati servi ma amici»; «voi valete molto più di molti passeri» e più dei gigli del campo. Molte persone non amano con la mente, ma seguono l’emotività e i sentimenti momentanei, fugaci, passeggeri. Molte persone non amano la fidanzata o la moglie o il marito in quanto persone umane e in quanto immagine di Dio. Spesso l’amore è un sentimento «parziale»: non si ama la persona ma una parte, magari la parte più banale di essa. In tal senso, amare coinvolge anche la mente e ciò significa imparare a conoscere il reale «valore» di una persona. Solo così, quando essa si ammala o invecchia o evidenzia i suoi difetti, si è disposti a continuare ad amare, perché la persona vale più di ogni cosa.

Gesù dettò il suo comandamento mentre Giuda lo tradiva. Prima di dettare il suo comandamento, fa gesti e parole esemplari per noi: intinge un pezzo di pane nel piatto e lo porge a Giuda, come faceva il padrone di casa in segno di amicizia coi suoi ospiti; lava i piedi degli apostoli, concludendo: «se io…. così fate anche voi». Sulla croce non pensò a Sè stesso ma a Maria e Giovanni.

L’agape, cioè l’amore cristiano è nuovo perché, per viverlo, bisogna trasformarsi in Cristo, in modo che «non sono più io che amo, ma è Cristo che ama in me».

Articoli simili