Riflessione sul vangelo della VI Domenica di Pasqua Anno C

Il brano del Vangelo di Giovanni che leggiamo questa domenica fa parte del lungo discorso di addio di Gesù.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora in lui» (Gv 14,23). Gesù promette di prendere dimora con il Padre nel discepolo che accoglie la Parola e la mette in pratica. L’amore. Ecco ciò che attira, che trascina Dio alla sua creatura. Non un amore di sensibilità, ma quell’amore «forte come la morte e che le grandi acque non possono estinguere» (Ct 8,29). 

Gesù insiste sul legame stretto che c’è fra amore e osservanza dei comandamenti: «Se mi amate osserverete i miei comandamenti» (14,15); «chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama» (14,21); «se osser­verete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (15,10).

Gesù non dice o fa niente da sé, la sua autorità deriva tutta quanta dal Padre: «la Parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha man­dato» (14,24). Così dicendo, Gesù invita ogni anima che vuol vivere a contatto con Lui, di vivere anch’essa queste parole, perché la volontà divina deve essere il suo nutrimento, il suo pane quotidiano.

Capire Gesù, accogliere e mettere in pratica la sua Parola, che è rivelatrice del Padre, non può essere un semplice atto di volontà, ma richiede l’iniziativa divina: «il Consolatore (parakletos), lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (14,26).

Lo Spirito è promesso come presenza divina, che farà comprendere ai discepoli fino in fondo le parole di Gesù, così che essi possano accoglierle e metterle in pratica. Lo Spirito, infatti, «v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26; cf. 16,13). Non si tratta di un insegnamento nuovo, ma di un «ricordo» legato alla comprensione di quanto è già stato detto ed è già avvenuto nell’opera del Figlio, che ha compiuto la volontà del Padre. Solo dopo la risurrezione i discepoli cominciano a capire l’insegnamento di Gesù; lo Spirito aprirà loro gli occhi e il cuore e darà loro il coraggio di mettere in pratica le parole sentite.

 

Gesù, insieme con lo Spirito, promette la pace: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27). La pace è il frutto maturo dello Spirito per i discepoli che amano Gesù e osservano i suoi comandamenti. La precisazione di Gesù: «Non come la dà il mondo, io la do a voi», si lega al problema del contrasto col mondo sollevato anche dalla domanda dell’apostolo Giuda al versetto 22 dello stesso capitolo 14: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?» e che attraversa tutto il Vangelo di Giovanni. Alla domanda non c’è una risposta diretta di Gesù, ma la rivelazione dell’amore del Padre e della dimora del Padre, del Figlio e dello Spirito nel discepolo che ama e osserva i comandamenti. La comprensione delle parole di Gesù e la dimora di Dio dentro il discepolo, che ha come frutto la pace, è un dono misterioso e mai posseduto fino in fondo su questa terra. Gesù, infatti, raccomanda di non aver paura, dato che i discepoli dovranno affrontare le avversità dalle quali egli non promette di esimerli: «Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno» (Gv 17,15).

«Vado e tornerò a voi» (Gv 14,28). Gesù aveva promesso di andare a preparare un posto nella dimora del Padre (cf. Gv 14,1), qui sottolinea ancora la sua partenza e la sua venuta presso i discepoli, non solo come dimora spirituale, ma perché i discepoli siano con lui presso il Padre nella gloria definitiva. L’opera della salvezza è già stata compiuta da Gesù, ma la sua manifestazione è rimandata alla venuta di Gesù non più nella carne mortale, ma come Cristo risorto, asceso al cielo e glorificato, portatore della completa trasformazione di tutta la creazione di cui parlano i profeti e l’Apocalisse.

Ma prima di allora, Dio stesso si rende presente e si dona a quanti credono nella sua Parola e la vivono nel Suo amore: dobbiamo essere grati a Dio di questo straordinario dono e dobbiamo imparare a ricercare Dio dentro di noi, unirci a Lui con amore, a Lui fonte di e d’amore».

«Il regno dei cieli è dentro di voi» (Gv 15,4): Gesù ci rivela che non dobbiamo uscire da noi stessi per trovarlo: il regno dei cieli è al di dentro di noi!

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