Riflessione sul Natale del Signore Gesù Cristo
Con la celebrazione dei primi Vespri del Natale, si conclude il tempo dell’Avvento ed inizia il tempo liturgico del Natale che la Chiesa ci invita a vivere non con lo sguardo rivolto al passato, quasi fosse un evento lontano da ricordare, ma col cuore e la mente aperti al presente per accogliere il Signore, proprio Lui, che è il Risorto ed è in mezzo a noi con la sua Parola, col dono del suo Spirito effuso e con il suo Corpo offerto.
La solennità del Natale perciò non evoca solo ricordi del passato, ma suscita – grazie all’azione dello Spirito Santo – viva tenerezza e fattiva bontà e ogni altro dono che il Bambin Gesù è venuto a fare all’intera umanità. Natale è per questo la festa dei doni, meglio ancora la festa del Dono. Nel Verbo Incarnato, infatti, è offerta agli uomini la grazia dell’adozione a figli di Dio. San Luca, l’evangelista del Natale, ci dice che in questo evento Dio si fa vicinissimo all’uomo nel suo Figlio Unigenito, che manifesta nel volto di un bambino la sua tenerezza per i poveri e i peccatori. Luca si preoccupa anche di mostrare come l’evento della nascita di Gesù cambi veramente la storia e la vita degli uomini, soprattutto di quanti l’accolgono con cuore sincero. In Maria, in particolare, l’Evangelista presenta non solo un modello da seguire per accogliere Dio che ci viene incontro, ma anche le prospettive esaltanti che si aprono per chi, avendolo accolto, è chiamato a diventare, a sua volta, dono e strumento della sua visita e annunciatore della sua salvezza. Come i pastori, i quali con grande gioia recatisi a Betlemme su invito dell’angelo e avendo visto il bambino con sua Madre, tornano “glorificando e lodando Dio”, perché sanno di essere stati visitati dal Signore.
A Natale nasce la Vita, nasce l’Amore, nasce il Dio-uomo quale Dono di vita per ogni uomo, nasce Dio in quel Bambino dal grembo verginale di un’umile fanciulla, Maria di Nazaret; nasce assumendo la nostra condizione di poveri, di peccatori, di sfrattati, di abbandonati, di non conosciuti; la condizione di coloro che non sono, che sono rigettati, esclusi, che non hanno posto in questo mondo, che sono di peso, che non hanno nome.
Nella sua nascita Cristo Gesù manifesta anche il nostro peccato, condanna il nostro modo pagano di pensare, di agire, di comportarci. Egli ci manifesta quella falsità satanica che ci ha segnati: egoismo, superbia, vanagloria, idolatria, empietà; rivela il nostro mistero di iniquità che chiude l’uomo in sé stesso e non lo fa aprire né a Dio e né al prossimo. Mentre in Gesù Dio stesso si è fatto vicino e rimane con noi, Dono incomparabile da accogliere con umiltà nella vita di ogni giorno. Ma per noi, oggi, quale significato ha davvero l’evento straordinario della nascita di Gesù Cristo? Quella “buona notizia” che ci reca il Natale per dirci che in Lui – accolto come “Dono di vita e salvezza del Padre” – anche noi diveniamo dono di vita per gli altri, suscita in noi la decisione di esserlo davvero? Oppure, anche oggi, faremo in modo che come allora per Gesù non ci sia posto nell’albergo del nostro cuore? Se è così, anche oggi, Gesù ripeterà – ancora una volta – che Lui non è venuto per trovare un posto su questa terra, perché la terra non gli appartiene, Lui, il Signore del Cielo, sulla terra c’è stato solo il tempo per salvarci, nascendo in una grotta, non avendo fissa dimora, ha viaggiato come pellegrino, è morto sulla croce, per poi risuscitare dal sepolcro e ritornare al Padre così da assicurarci che – se lo vogliamo – anche per noi vi è un posto nel suo Regno, ma dobbiamo accoglierlo e amarlo. Ed è questo il messaggio del vero Natale: Gesù nasce per amare tutti, non viene per giudicare ma per salvare. Nasce nella povertà di un Grotta per dirci che solo un cuore povero può accoglierlo e con questo cuore cambiare la storia. Ma per questo cambiamento si deve andare al cuore di ogni uomo e ogni donna. Cambiando il cuore cambia l’uomo, si trasforma il mondo…
Pertanto, dipende da ciascuno di noi se è o non è Natale. Infatti è Natale ogni volta che Dio è ospitato in un cuore per cambiarlo rinnovandolo con la luce della sua Parola e la vita della sua Grazia. È Natale ogni volta che Dio è accolto in una famiglia, in un ambiente di lavoro o di divertimento, in una città e in un popolo. Gesù domanda di poter nascere nel quotidiano di ciascuno di noi per vivere, operare, agire, svolgere così la sua missione attraverso noi per la salvezza delle anime.
Riflessione sul Natale per la messa vespertina della Vigilia
Dio sceglie un modo abbastanza strano per presentarsi agli uomini: non viene nel mondo con gesti spettacolari, ma decide di nascere come tutti gli esseri umani invece di rivelarsi ai potenti della terra, preferisce i pastori. Perchè? Perchè Dio ama la semplicità e la purezza, l’innocenza. Gesù avrà per tutta la vita un amore particolare per i semplici, per i bambini e per quelli che hanno mantenuto il cuore di bambino anche da adulti. Di fronte a Dio non vale tutto ciò che impressiona gli uomini: non vale l’intelligenza, la bravura, il successo, i soldi, il potere o quant’altro. Dio vuole solo un cuore pronto a riconoscerlo, ad ascoltarlo e a credere alla sua parola. Noi siamo pronti ad ascoltarlo? Sappiamo credere che quel bambino del presepio è il Figlio di Dio?
E sappiamo, come i pastori, riferire anche agli altri quello che Dio rivela per mezzo del Suo divin Figlio nato come un bimbo comune? Oppure abbiamo paura dell’incredulità ormai diffusa e mascherata anche in chi è cristiano? Forse paura delle prese in giro degli altri?
E poi, sappiamo lodare Dio e glorificarlo per quello che fa, ha fatto e farà per ognuno di noi? Oppure continueremo a trascorrere il solito Natale che – solo a causa della pandemia in corso – non sarà certo come tutti gli altri?
In realtà questo bambino avrebbe compiuto la più grande e difficile vittoria che si potesse immaginare. Non ha vinto i nemici di Israele, non ha eliminato i Romani. Del resto, a che sarebbe servito? Sappiamo benissimo che molti grandi generali, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone hanno avuto vittorie strepitose sui loro nemici; ma poi sono morti, ed i loro imperi sono stati invasi da altri nemici più forti e peggiori dei precedenti.
Gesù invece non ha combattuto nessuno. Al contrario, è stato tradito dai suoi amici, consegnato ai nemici, torturato e messo a morte. Però poi è risorto, ed ora vive per sempre alla destra del Padre. Prima di andarsene ha promesso che lo stesso succederà anche a noi: anche noi risorgeremo con Lui ed avremo la vita eterna. Forse questo ci sembra difficile a credersi, o addirittura impossibile. Come è possibile che i morti risorgano ed abbiano la vita eterna? Da un punto di vista umano, non è possibile. Se però crediamo che Gesù è il Figlio di Dio e che ci ama, allora crederemo anche alla sua promessa.
Per vedere la risurrezione dovremo aspettare fino al giorno della seconda venuta di Cristo. Oggi però possiamo sperimentare i frutti dell’altra sua grande Vittoria, una Vittoria ancor più difficile di quella sulla morte: la vittoria sul peccato. Il peccato è infatti un nemico ancora peggiore, ancor più pericoloso della morte stessa. Esso uccide tutto ciò che di bello ha l’uomo, e soprattutto gli toglie la grazia, cioè l’amicizia con Dio. Il peccato assume un aspetto attraente, e ci fa credere che sia giusto quello che invece offende Dio e fa male ai fratelli.
Gesù invece ci libera da questo nemico; per questo Egli è venuto sulla terra ed ha deciso di morire, Lui che avrebbe potuto restarsene per l’eternità nel suo regno dove non esiste alcun male. Noi però notiamo che il male esiste ancora, non soltanto quello che vediamo ogni giorno al telegiornale, ma anche quello che sperimentiamo di persona, sia quando lo subiamo, sia quando siamo noi a commetterlo. Che significa, dunque, dire che il Signore ci libera dal male? Significa dire che ci dà la possibilità di fare il bene. Gesù insegna ad amare Dio come un Padre e gli uomini come se fossero tutti nostri fratelli. Il Vangelo, difatti, ci presenta un Dio che ama gli uomini e che desidera la loro salvezza. Nella nostra vita abbiamo tante occasioni di sperimentare l’amore e la salvezza di Dio, ma a Natale siamo chiamati a farlo in modo particolare, proprio per la grande gioia della nascita del nostro Salvatore che ha posto la sua presenza in mezzo a noi. Al Signore dobbiamo esprimergli la nostra gratitudine e la nostra volontà di amarlo. Questo stesso spirito di gioia ci deve accompagnare per tutti i giorni del nuovo anno, donando a quanti ci incontreranno la testimonianza dell’incontro che con Gesù abbiamo vissuto.