Riflessione sul vangelo dell’ Ascensione del Signore

L’Ascensione di Gesù al cielo segna quel momento di grazia in cui Gesù, «dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, fu assunto in cielo», fa terminare la visione del suo volto risorto tra gli uomini, ma assicura la sua presenza. Nel brano del vangelo di questa solennità, l’evangelista Matteo evidenzia come Gesù – che fin dall’annunciazione venne chiamato Emmanuel che significa Dio con noi – ne conferma il senso proprio con l’ascensione realizzandone veramente il significato col restare sempre tra i suoi, con noi e ovunque dove due o tre sono riuniti nel suo nome.

Gesù risorto e asceso al Padre rimane con noi e ci accompagna, con discrezione e forza, per tutti i giorni della vita. La storia dell’uomo è ricca della sua presenza. Con Lui diventa storia di salvezza per tutti, fino al momento finale della sua ultima venuta.

L’esodo di Gesù da questa terra, dunque, gli permette un’altra presenza: quella nello Spirito. In virtù di questa presenza la missione di Gesù continua nei discepoli. Come a dire: finora Dio si è manifestato attraverso il volto del Figlio, d’ora in poi si manifesterà attraverso il volto dei discepoli, attraverso il volto della comunità che porta il nome di Gesù.

Gesù come Figlio di Dio vive dall’eternità presso il Padre: incarnandosi assume la nostra umanità.

Dire che Gesù è stato assunto in cielo vuol dire che da quel momento è presso il Padre con la nostra umanità glorificata. Affermare che Gesù è salito al cielo significa affermare che tutto quello che Gesù ha fatto e detto, tutto quello che ha vissuto in virtù del suo corpo, è stato accolto per sempre da Dio e ha perciò un valore eterno. Dio fa spazio, nella sua vita divina, a quel progetto uomo che Gesù ha espresso in tutta la sua vicenda autenticamente umana. Gesù Cristo è glorificato dal Padre con quella gloria che Egli, come Figlio di Dio, aveva dall’eternità.

Elevato per intercedere presso il Padre e regnare sull’Universo, Cristo continua, attraverso lo Spirito, la sua opera di salvezza.

Con Gesù elevato in cielo, un frammento della nostra umanità è giunto definitivamente a Dio ed è stato da Lui accolto.

Con Lui tutti noi siamo ascesi in speranza e in promessa; abbiamo posto la nostra meta a essere con il nostro Capo presso Dio.

L’Ascensione del Signore celebra dunque il corpo definitivamente salvato, definitivamente sottratto alla caducità e al limite. Corpo pneumatico, ma pur sempre corpo con impresse le piaghe salvifiche.

Corpo umiliato quello di Cristo, corpo offeso, corpo che ha suscitato pietà ed orrore, corpo piagato. Eppure proprio quel corpo veicola l’umano nel divino.

L’Ascensione insomma non è come una fuga dal mondo, un allontanarsi dal mondo, ma al contrario come il definitivo portare con sé il mondo da parte di un Dio che ci ha redenti, che ha redento la nostra carne, i nostri corpi e che lasciandoci, non solo ha portato con sé la nostra corporeità, ma ci è rimasto presente attraverso il suo corpo sacramentale, corpo della Chiesa sua sposa, corpo dei doni eucaristicizzati, del pane e vino trasformati dallo Spirito.Gesù che sale al cielo accorda fiducia ai suoi discepoli; lascia a loro di portare avanti, con il dono dello Spirito Santo, la sua opera. Egli vuole continuare ad agire e essere presente nel mondo per mezzo dei suoi discepoli e con i suoi discepoli. E la continuazione è garantita dal dono dello Spirito che fa da legame tra Gesù e i suoi discepoli: «Io sono con voi fino alla fine del mondo». Nello Spirito il Risorto rimane e sta con i suoi discepoli per dare loro, ogni giorno, la capacità di «fare memoria» di Lui.

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