Riflessione sulla solennità di Tutti i Santi
Celebrare la solennità di tutti i santi, significa non solo fare memoria di quanti hanno vissuto il Vangelo in maniera eroica e che ora la Chiesa ci propone come modelli di vita cristiana, ma nel contempo dare anche risposte a domande – e altre simili – come: che ne è dell’uomo, dopo la sua morte? Dove sono tutti i giusti che fin dalla creazione del mondo hanno amato Dio? Che fine ha fatto l’innocente ucciso, il povero depredato? A che serve fare del bene?
Nella Parola di Dio si attesta che l’uomo giusto vive per sempre con Dio e gode della Sua comunione d’amore.
Questo destino di gloria non è un diritto dell’uomo, ma è un dono di grazia perché Dio ha voluto elevarci alla dignità della sua stessa vita e della sua eredità, rendendoci figli nel Suo Figlio per virtù dello Spirito Santo. La santità però è dono ma insieme anche impegno.
La santità è dono di Dio (tu solo il santo…) perché ci viene partecipato nel giorno del battesimo. Fin dagli inizi della nostra esistenza, veniamo inseriti nel Cristo morto e risorto. Cosi la nostra umanità, unita a Lui, viene come trasfigurata, trasformata, diventa un’umanità santa. Solo uniti a Cristo possiamo diventare santi. Gesù, Dio incarnato, è morto e risorto per noi; ha fatto sì che tutti coloro che hanno fede in Lui e vivono il comandamento dell’amore partecipassero a questa santità raggiungendo la pienezza della vita. Cielo e terra si toccano, morte e vita sono una continuità. Ma la morte non ha il sopravvento sulla vita, anche se questa cede per un attimo il passo è solo per riprendersi la rivincita a tutto campo. Nell’eternità, lì la morte non ha più possibilità d’essere e la vita sarà piena, totale. Sarà non più cammino nella realtà dura e quotidiana delle beatitudini, ma vita beata.
La santità, dunque, è un regalo di Dio che arriva a noi per mezzo della fede in Gesù e per mezzo dei Sacramenti. E ancora, la santità arriva nel nostro cuore quando ascoltiamo la Parola di Dio, il Vangelo della vita e lo incarniamo. In tal senso, la santità è anche impegno!
Le beatitudini – che il Vangelo di questa solennità ci fa ascoltare – non sono semplicemente promessa e comando, ma legge d’amore. Esse sono realtà: amore e appagamento totale. Con questo si attesta che usciti dalla porta della vita, entreremo nella vita e nella santità, cioè in Dio.
I santi sono coloro che non parlano delle beatitudini, le vivono. Essi scrivono con il vissuto la cronaca bianca dell’umanità. Tolgono dall’aria quel che la inquina, la rendono ancora sufficientemente respirabile.
Dal numero dei santi nessuno è escluso, ciascuno di noi dovrebbe sentirsi interessato. Celebrare la solennità di tutti i Santi è celebrare qualcosa di nostro, per questo ci deve inevitabilmente interessare. Farci santi non è allora un “optional”, ma l’uso più intelligente della vita.
Le Beatitudini non sono un programma d’azione, una strategia pastorale, una sorta di nuovo decalogo… Gesù non aveva una tale preoccupazione. Avere uno spirito povero, piangere, soffrire la fame e la sete, essere insultati e perseguitati, non sono mezzi o priorità d’azione, nemmeno un programma di perfezione. Le Beatitudini non sono per una élite, ma solo per chi vuol seguire il Maestro, Cristo.
Gesù non vuole che noi proviamo tutto questo, Egli si preoccupa che quando queste particolari situazioni si dovessero verificare noi cerchiamo di comportarci come veri discepoli. Un giorno, forse, dovremmo imparare a piangere, a sopportare l’indigenza, ad essere coperti di calunnie, a portare ogni giorno la nostra croce dietro a Gesù. Paraurti necessario ad ogni prova e ad ogni cammino che voglia rispondere con amore all’Amore di Gesù.
È qui il nodo delle Beatitudini. Esse ci interpellano fino allo spasmo. Provocano gioia e sofferenza indicibili, eppure conciliabili. Sono dunque la via della santità. Santità all’opera nel quotidiano, visibile. Santità concreta, attuabile, oggi e per tutti: nessuno escluso.